Il Sud Sudan sta scivolando ancora una volta in una spirale di violenza che potrebbe portare ad una nuova guerra civile. Gli ultimi scontri riguardano lo stato dell’Alto Nilo, più precisamente la contea di Nasir dove agisce la milizia White Army. Questo gruppo paramilitare rappresenta la tribù Nuer, la seconda più numerosa del paese e che vede nel primo vice-presidente Rieck Machar il suo massimo rappresentante. Questi miliziani hanno preso il controllo delle principali città della contea e minacciano la capitale statale di Malakal, dopo che le truppe federali si sono ritirate nelle caserme.

La battaglia è stata feroce e sul campo sono rimasti una trentina di militari ed anche un casco blu della Missione della Nazioni Unite, dopo che gli uomini del White Army hanno bersagliato di colpi un elicottero dell’Onu arrivato sul posto per evacuare i governativi accerchiati. Nicholas Haysom comandante delle missione onusiana ha lanciato un appello sulla possibile estensione degli scontri, chiedendo al presidente Salva Kiir ed al suo vice Rieck Machar di trovare un accordo il prima possibile. Nella capitale Juba intanto sono stati arrestati molti membri del partito SPLM-IO che risponde al vice-presidente e rappresenta il popolo Nuer ed insieme a loro anche alcuni generali della stessa etnia.

Salva Kiir è di etnia dinka e l’equilibrio sud sudanese fra questi due popoli resta molto fragile. Il servizio di intelligence ha dichiarato che ci saranno ancora molti arresti, alcuni eccellenti come il ministro del petrolio Pout Kang Chol, non casualmente stretto alleato di Rieck Machar. Il più giovane stato africano, nato soltanto nel 2010 dopo circa 50 anni di lotta per la liberazione, non ha mai conosciuto la pace. Appena ottenuta l’indipendenza da Khartoum è iniziata la guerra civile che ha dilaniato il tessuto socio-economico provocando centinaia di migliaia di profughi.

Oggi il Sud Sudan appare tecnicamente fallito con un’enorme esposizione debitoria e la maggioranza della popolazione che vive al di sotto della soglia di sopravvivenza. I problemi a Juba sono però dovuti a fortissimi personalismi fra i due vertici dello stato che nonostante diversi accordi continuano a farsi la guerra. I due leader utilizzano le divisioni tribali per conquistare fette di territorio, soprattutto nelle aree dove si estrae il petrolio, unica vera ricchezza sud sudanese.  I due protagonisti della guerra civile che ha causato oltre 400mila vittime tra il 2013 e il 2018, Rieck Machar e il presidente Salva Kiir, continuano ad assicurare di essere impegnati per il raggiungimento della pace, ma la comunità internazionale si è dichiarata molto preoccupata. Anche nell’ultima riunione dell’Unione Africana il dossier sudsudanese è stato messo all’ordine del giorno, ma alla fine c’è stata soltanto una dichiarazione di intenti senza stanziamento di fondi o uomini da inviare. Il Sud Sudan rappresenta un fallimento della diplomazia e della politica e mentre i due uomini forti del paese si contendono le ricchezze nazionali, il popolo continua a morire.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi