Tutto bene quel che finisce bene. Tatiana Tramacere stava tranquilla e serena a casa — diciamo nella casa del suo amico — desiderosa di cambiare vita. Eppure, Nardò, seconda città della provincia di Lecce, fino a poco tempo fa guidata da un sindaco di CasaPound, Pippi Mellone, noto in Puglia per il suo singolare rapporto con l’ex governatore Michele Emiliano, non è certo un luogo privo di contraddizioni. Sono cose che accadono nel profondo Sud, dove talvolta contano più i rapporti umani che la politica o l’ideologia.

Nardò è a un tiro di schioppo da Avetrana, in provincia di Taranto, dove si consumò il delitto della quindicenne Sarah Scazzi, strangolata dalla cugina Sabrina Misseri e dalla zia Cosima Serrano, con la complicità di Michele Misseri nell’occultamento del cadavere e nella simulazione di un rapimento. Una vicenda che ebbe enorme risonanza mediatica, culminata nell’annuncio del ritrovamento del corpo in diretta a Chi l’ha visto? mentre in collegamento era presente la madre di Sarah, Concetta Serrano Spagnolo. Oggi Michele è libero e lavora nei suoi campi, mentre Sabrina e Cosima sono in carcere: secondo il loro avvocato, Franco Coppi, innocenti vittime di un’inchiesta nata male e finita peggio, con due ergastoli. Storia macabra, ulteriormente amplificata dal pellegrinaggio di curiosi da mezza Italia verso la casa del delitto.

In questo contesto geografico e simbolico si muoveva anche la vita di Tatiana Tramacere, la cui scomparsa ha subito attirato un’attenzione mediatica spropositata, inevitabilmente sospinta dal ricordo del caso Avetrana. Persino una serie televisiva di grande successo — Avetrana. Qui non è Hollywood — alimentò nuovamente il dibattito. Il sindaco avrebbe voluto evitarne la diffusione del nome, ma il Tribunale di Taranto gli diede torto: nessuna diffamazione, e Avetrana restò nel titolo. Sul caso Tatiana, invece, si è assistito a una vera e propria escalation di notizie incontrollate. La stampa e le cronache televisive sembravano non aspettare altro che replicare un nuovo “effetto Avetrana”, con una gara quotidiana allo scoop, fino al giorno fatidico in cui si sparse la voce della sua presunta uccisione.

Tatiana, in realtà, aveva solo deciso di cambiare aria e viveva felice e contenta nella casa del suo compagno. Il combinato disposto di procura e polizia ha aperto la strada, e poi i mass media ci hanno messo del loro, trasformando una vicenda privata in un romanzo gotico che non esisteva. Alla fine il caso, più che noir, è diventato rosa. E la chiusa, questa volta, non può che essere satirica: l’unico mistero irrisolto è come faranno ora i talk show a riempire il palinsesto del pomeriggio e della sera. Dopo aver immaginato assassini, complici, pozzi artesiani e triangoli sentimentali inesistenti, la realtà li ha traditi con la sua arma più crudele: una ragazza viva, tranquilla e felicemente irreperibile per scelta. Un colpo durissimo per il noir all’italiana, che da domani dovrà almeno sperare che il telecomando degli italiani non venga ritrovato anche quello sano e salvo.