Il conflitto al 316esimo giorno
Ucraina, la guerra tra appelli per la tregua ed escalation militare: Erdogan chiede a Putin un “cessate il fuoco unilaterale”
Da una parte le spinte verso un cessate il fuoco, dall’altro l’escalation militare che continua imperterrita. Sono i due volti del conflitto in Ucraina, giunto ormai al 316esimo giorno dopo l’invasione da parte russa del Paese.
L’appello a fermare le armi arriva da due personalità molto distanti tra loro. Da una parte Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco che da tempo è ormai l’unico leader politico a riuscire a dialogare tra le due parti, tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin.
A quest’ultimo, in un colloquio telefonico, si è rivolto chiedendo un cessate il fuoco unilaterale e una “visione per una soluzione equa” del conflitto, come riferisce la presidenza turca. Un colloquio che ha avuto al centro la guerra in Ucraina, ma anche questioni energetiche, le relazioni tra Russia e Turchia e gli sviluppi regionali tra cui la Siria. Putin che, come riporta Interfax citando il Cremlino, ha ribadito al suo omologo di Ankara che la Russia è aperta “a un dialogo serio” se Kiev “soddisfa le richieste note e tiene conto delle nuove realtà territoriali“, ovvero dell’annessione illegale con referendum-farsa di quattro regioni ucraine.
A chiedere di fermare le armi, anche se solo per una giornata, è anche il Patriarca russo Kirill, grande alleato di Putin nella guerra in Ucraina. Il leader ortodosso di Mosca ha ha fatto appello “a tutte le parti coinvolte nel conflitto con un appello a cessare il fuoco e stabilire una tregua natalizia dalle 12:00 del 6 gennaio alle 24:00 del 7 gennaio, in modo che gli ortodossi possono assistere alle funzioni la vigilia di Natale e il giorno della Natività di Cristo”.
Un doppio appello che però difficilmente porterà a novità significative nel breve tempo. Lo scontro tra Ucraina e Russia si sta facendo sempre più violento, mentre le armi impiegate nel conflitto ancora più letali.
Putin da una parte ha inaugurato una fregata con il missile ipersonico Zircon, mentre gli Stati Uniti stanno valutando l’ipotesi di inviare in Ucraina veicoli corazzati Bradley, dotati di potenti cannoni. A dirlo è stato il presidente americano Joe Biden, respingendo così la richiesta di Kiev di inviare nel Paese i più potenti carri armati Abrams, che Zelensky ha ripetutamente chiesto.
Il numero uno di Kiev ha però annunciato su Telegram l’arrivo di “più veicoli blindati e in particolare carri armati su ruote di produzione francese”. L’obiettivo è quello di “porre fine all’aggressione russa esattamente quest’anno e non rimandare nessuna delle capacità difensive che possono accelerare la sconfitta dello Stato terrorista”.
Ad allontanare l’ipotesi di una tregua è anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che ha sottolineato come la armi siano “la via per la pace in Ucraina”.
“Se vogliamo una soluzione di pace negoziata, allora dobbiamo sostenere l’Ucraina”, ha affermato Stolternberg intervenendo alla conferenza annuale della Confederazione delle imprese norvegesi. “Mi avete già sentito parlare di questo molte volte, ma ora credo che non ci possano essere dubbi sulla necessità di investire in sicurezza. Abbiamo bisogno di più soldati, equipaggiamento e munizioni”, ha aggiunto Stoltenberg rivolgendosi ai cittadini norvegesi.
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