Come nel gioco degli specchi, se uno fa un movimento, chi lo osserva deve riprodurlo. Identico. Il risultato è quello di una perfetta sintonia, due facce della stessa medaglia. È più o meno la situazione che fotografa il Parlamento nel giorno delle comunicazioni di Giorgia Meloni, per il Consiglio europeo di oggi e domani. Lo specchio è l’Ucraina. Da una parte c’è il capitano della Lega, megafono del Cremlino, che imbriglia il centrodestra e gli impoverisce il vocabolario. Dall’altra il gemello ritrovato, Giuseppe Conte, anche lui molto accomodante con Vladimir Putin. Un’antica storia d’amore che puntualmente riemerge, potere dei sentimenti.

L’asse, di fatto, costringe il Pd a rimanere nella melassa, soffocato dal mantra della segretaria: “nessun nemico a sinistra”. E dire che ieri la risoluzione partorita dai dem ha osato uscire dal limbo: “Sostegno a tutte le forme di assistenza necessarie, anche attraverso un utilizzo legalmente fondato dei beni russi congelati”. Le proporzioni le attribuisce il più raffinato dei senatori della minoranza Pd, Filippo Sensi: “Noi siamo riusciti a metterci un timido riferimento nella risoluzione. Meglio di niente. Meglio dei sovranisti all’opposizione”. Già, perché il passettino in avanti del Nazareno, il timido riferimento, segna la maggiore distanza possibile dai “quasi amici” di via di Campo Marzio. Si legge infatti nella risoluzione pentastellata: “Si impegna il governo a non supportare – in sede di Consiglio europeo e nei consessi internazionali competenti – l’ipotesi della confisca definitiva e dell’utilizzo degli asset sovrani della Federazione Russa”. Poi naturalmente: “Va impedita la fornitura del dodicesimo pacchetto di aiuti militari alle autorità governative ucraine”.

La posizione del M5S rende impacciate, ed in ultima sostanza debolissime, le reazioni dei deputati contro la maggioranza. Dice Piero De Luca: “È inaccettabile che le posizioni filoputiniane della Lega stiano facendo breccia. Presidente, non la imbarazza neanche un po’ il plauso della Zakharova al vicepremier Salvini? Come fate a governare insieme?”. Usa l’ironia il segretario del Partito Liberaldemocratico Luigi Marattin: “Presidente, allora cosa pensa delle frasi del suo vicepremier Matteo ‘Salvinovsky’, che paragona le azioni dell’Europa a difesa dell’Ucraina alle guerre di invasione di Hitler e Napoleone alla Russia?”. Resta ancorata all’europeismo Forza Italia: in aula è la vice responsabile Esteri, Isabella De Monte, a spiegare: “Noi dobbiamo rimanere sempre fermi nell’affiancare l’Ucraina nella sua lotta per la libertà”. Senza fronzoli Carlo Calenda: “Votare destra o sinistra oggi vuol dire votare per la resa a Putin e a Trump”.

In mezzo, una differenza: nel centrodestra regge l’equilibrio imposto da Giorgia Meloni – “Dibattito in maggioranza ma risoluzione con linea chiara”, dice la premier in replica – mentre nel campo largo ognuno va per conto suo. Mai come stavolta l’astensione dem sui testi dei partner di una coalizione sempre più immaginaria è pura formalità, una gentilezza fine a sé stessa. In replica alla presidente del Consiglio a Montecitorio intervengono i leader. Prima Giuseppe Conte: “Votiamo contro la risoluzione, dove non c’è scritto riarmo. Che fate? Inviate o no queste armi all’Ucraina? A ipocriti, siete ipocriti”. Poi minimizza: “Non chiedete a noi delle opposizioni delle nostre diverse sensibilità: noi, quando ci presenteremo agli italiani per governare, le risolveremo; voi dopo tre anni di guerra ancora non le avete risolte”.

È la volta di Elly Schlein, che incurante delle somiglianze va all’attacco: “Matteo Salvini è ancora il vicepresidente o ambisce a fare il portavoce di Mosca?”. Continua: “Avete una risoluzione unica perché non avete scritto niente, così è facile. Lei vuole lavorare per l’Italia o vuole favorire gli interessi di Trump?”. Niente di niente sulla frantumazione delle minoranze, che si presentano all’appuntamento con cinque testi diversi. Si espone il vicepresidente di Italia Viva, Davide Faraone: “Quello che preoccupa del governo italiano è che abbiamo subappaltato la nostra politica estera a Donald Trump. Su tutte le nostre mosse si allunga l’ombra di un grande puparo americano”. Più realista la deputata di Azione, Elena Bonetti: “Voteremo contro la risoluzione di centrodestra perché manca di coraggio in uno dei momenti più bui”. Lo specchio restituisce fedelmente l’immagine. Come in un sortilegio, le due gocce d’acqua che si riflettono incantano l’emiciclo. E lo svuotano.