L’ultimo attacco ucraino al porto di Sebastopoli segna un’ulteriore tappa nel processo di trasformazione della guerra in Ucraina, specialmente sul fronte meridionale. Sin dall’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale”, il Mar Nero è apparso quasi sempre saldamente in mano russa, complice l’evidente disparità di mezzi e preparazione tra la flotta di Mosca e quella di Kiev.

Eppure, nonostante un divario ancora netto tra le due forze, la situazione negli ultimi mesi è apparsa più fluida, soprattutto grazie alle tattiche e ai mezzi usati dagli ucraini. Tra raid con i droni, attacchi missilistici e blitz delle forze speciali, Kiev – in questo aiutata dagli alleati Nato sia per l’addestramento che per le informazioni di intelligence – ha saputo mettere i comandi russi sotto un’enorme pressione. Al punto che la Crimea, che per Vladimir Putin rappresenta la base della propria agenda ucraina, si è trasformata da roccaforte nel Mar Nero a prima linea del fronte.

La conferma di questa nuova realtà della penisola è suggerita proprio dalle ultime notizie giunte dal fronte. Dopo l’attacco con dieci missili Storm Shadow e tre droni contro il porto, che ha fatto registrare 24 feriti e danni alla nave da sbarco Minsk e al sottomarino Rostov sul Don, ieri il ministero della Difesa russo ha comunicato di avere sventato all’alba “un attacco terroristico da parte di Uav di tipo aereo contro obiettivi sul territorio della Federazione Russa” e che “i sistemi di difesa aerea in servizio hanno distrutto undici velivoli senza pilota sul territorio della Repubblica di Crimea”. E il giorno prima sempre la Difesa di Mosca aveva annunciato la neutralizzazione al largo della Crimea di tre droni navali, in pratica barchini pilotati da remoto.

Se da un lato la penisola diventa l’obiettivo di questa guerra asimmetrica, chirurgica e innovativa delle forze ucraine, dall’altro lato anche la Russia continua la sua guerra sfruttando il proprio arsenale di droni. Nelle ultime 24 ore l’aeronautica ucraina, attraverso i suoi canali social, ha reso noto di avere abbattuto più di una dozzina di droni che erano diretti contro le regioni di Dnipropetrovsk, Mykolaiv, Sumy e Zaporizia. Nella regione di Kherson, invece, le autorità ucraine hanno dato la notizia della morte di un bambino di sei anni durante un attacco missilistico russo. Mentre i droni continuano a volare da una parte all’altra del fronte, le prime linee russe e ucraine sembrano di nuovo entrate in una fase di sostanziale stallo, con piccole avanzate da parte di entrambi gli schieramenti. La logica della guerra di attrito sembra ormai prevalere rispetto a eventuali ipotesi di rottura di una parte del fronte, anche se dagli Stati Uniti, il generale Mark Milley, capo degli Stati maggiori congiunti, ha detto che è ancora presto per dare un giudizio definitivo sulla controffensiva ucraina.

L’avanzata di Kiev non è andata come previsto dai più ottimisti. Lo ha suggerito lo stesso Milley confermando quella che è sempre stata la sua linea di pensiero. Ma secondo il generale, Kiev potrebbe avere ancora 30-40 giorni di tempo prima dell’arrivo della stagione piovosa. Da quel momento, il fango e il successivo arrivo del freddo potrebbero interrompere le operazioni fino a data da destinarsi, congelando la situazione sul campo.

Questa consapevolezza è la stessa che anima Putin, che non a caso ha voluto incontrare il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, per suggellare il patto sulla fornitura di munizioni e armi. Se la guerra prosegue con questi ritmi e soprattutto con queste modalità, Mosca e Kiev avranno bisogno di colmare il vuoto dei propri arsenali. L’industria bellica nordcoreana, in larga parte impostata sui modelli sovietici, può essere perfettamente aderente alle esigenze russe. E se l’idea del Cremlino è quella di prolungare il conflitto fino a che l’Occidente non inizi a ripensare la sua strategia di sostegno all’Ucraina, un flusso continuo di armi da Pyongyang può essere estremamente utile.