L'addio al presidente francese
Adieu a Giscard d’Estaing, nobile statista che portò la pace e la chiamò Europa
«Voi non avete il monopolio del cuore», disse Giscard in televisione durante il primo duello elettorale all’americana all’avversario socialista Mitterrand, che lo aveva in quel momento superato al primo turno. Era il 10 maggio del 1974 e la Francia usciva dagli anni del gollismo nazionalista e lui, il sottile competente e charmant aristocratico si presentava come garante della modernità europea. Valéry Giscard d’Estaing fu l’ultimo vero statista europeo, un aristocratico ironico ed elegante, giustiziato dal Covid perché, a 94 anni e con parecchi difetti cardiaci (sempre la questione del cuore) era un candidato perfetto per l’Rna del virus assassino.
Naturalmente, i giovani non lo ricordano. Ed è naturale ma è anche un peccato, perché Giscard, come tutti lo chiamavano fu un personaggio senza il quale il mondo, specialmente l’Europa, sarebbero stati diversi e non migliori. Nella politica interna francese dimostrò che è possibile andare oltre lo sfiatato scontro fra destra e sinistra, inventando la terza posizione della gente intelligente. E la prova è che Giscard face passare, benché conservatore, la legge sull’aborto, abbassò l’età del voto a diciotto anni, venne incontro al femminismo e alle lotte per i diritti civili prendendo in contropiede le sinistre alle quali poteva appunto dire «Non crediate di avere il monopolio del cuore, perché ne abbiamo non meno di voi».
Inoltre, Giscard era un grande tecnico della finanza, un uomo esperto di banche, di borsa, di economia, e per queste doti il generale Charles de Gaulle lo aveva voluto come suo ministro delle Finanze. Dopo De Gaulle, fu eletto all’Eliseo un super gollista come Pompidou nella tradizione della grandeur statale francese che si esprime nell’architettura e nell’urbanistica del Premier Arrondissement di Parigi, dove edifici e boulevard mostrano lo Stato centrale e centralizzatore. Giscard rese quello Stato agile e moderno sapendo bene che quella forma di potere era stata creata da Luigi XIV ed era riemersa con la Quinta Repubblica, passando per due Napoleoni con l’ultimo dei quali crollò sotto i prussiani, quando i parigini che avevano cercato la guerra gridando “A Berlin! A Berlin!” si ritrovarono i prussiani sotto le mura di Parigi, che ardeva nella rivolta.
Non si tratta di spigolature storiche: la guerra del 1870 fece da madre alle due guerre mondiali del bagno di sangue mondiale fra il 1914 e il 1945 e Giscard sapeva bene che l’egemonia in Europa aveva cambiato gestore ed era passata dalla Francia alla Germania o per meglio dire alla Prussia. E sapeva che le due guerre mondiali, che anche lui considerava un’unica guerra, erano state la prosecuzione del duello fra Parigi e Berlino che per due volte si concluse con l’umiliazione del vinto, costretto a firmare la resa su un vagone ferroviario sui binari morti in una foresta. L’idea di Giscard era che l’Unione Europea dovesse chiudere quel latente conflitto trasformandolo in un patto chiamato Unione Europea, che sancisse un legame pià feroce del matrimonio fra le due potenze per regnare insieme scongiurando altre sciagure. Questa non era stata affatto l’idea di De Gaulle, il quale pensava invece a un’Europa dominata dalla Francia fin dai tempi della sua altera resistenza antitedesca durante il suo esilio a Londra. Giscard comprese che quella fase doveva essere chiusa ed era favorevole alla partecipazione del Regno Unito all’Ue, con diffidenza. E quando la Brexit traumatizzò l’Unione, Giscard disse che gli inglesi si sarebbero pentiti e che comunque il loro esempio non sarebbe stato seguito da altri.
Creò così il suo mito adattandolo a quello dell’ultimo astro occidentale, John Fitzgerald Kennedy, il Presidente che trasformò la Casa Bianca nella Camelot di Re Artù, l’uomo per cui aveva perso la testa l’attrice sex symbol Marylin Monroe e che aveva costretto a capitolare sulla crisi cubana il successore di Stalin, Nikita Krusciov. Giscard non pensava di far capitolare nessuno ma di arrivare alla moneta unica europea. La storia della moneta unica si concluderà più tardi con l’unificazione tedesca, quando il cancelliere Khol andò in Francia per chiedere il permesso di inglobare anche l’ex Repubblica democratica tedesca, offrendo come dote all’Europa il prestigioso Deutsche Mark, che avrebbe preso il nome di Euro. Ma il lavoro che portò a quel risultato fu tessuto proprio da lui, Valéry Giscard d’Estaing che chiamò al suo fianco il cancelliere tedesco Helmut Schmidt. Fu così che Francia e Germania trovarono la formula aurea grazie alla quale l’Europa sarebbe fiorita (almeno questa era l’intenzione, la visione) grazie alla industria tedesca e francese che, insieme, avrebbero garantito solidità.
Da allora ad oggi fatti enormi sono accaduti: il crollo dell’impero sovietico e il ritorno all’isolazionismo (lo “splendido isolazionismo”) dei popoli di lingua inglese definitivamente fuori dallo scacchiere europeo sul quale avevano speso milioni di dollari, di sterline e centinaia di migliaia di morti. Se si capisce, al di là delle rievocazioni d’obbligo, il valore che Giscard portò all’Europa di oggi, si può cogliere meglio il senso della fuga dall’Europa dell’America di Trump con l’America First e del Regno Unito di Boris Johnson. Non è un caso che proprio mentre muore Giscard, il Regno Unito è – prima dell’Europa – già pronto al vaccino non dovendo dipendere da Bruxelles, proprio adesso fra inglesi, canadesi e americani fiorisca un travolgente dibattito fra storici e politici sul tema: chi diavolo ce l’ha fatto fare –a noi inglesi, americani, canadesi, australiani e neozelandesi, di andare a farci ammazzare in Europa per impedire che diventasse una provincia economica tedesca, se alla fine il risultato è proprio questo: la terza guerra mondiale l’ha vinta la Germania con le sue esportazioni dominanti e gli europei sono la sua provincia.
È un dibattito traumatizzante di cui varrà la pena parlare, ma è certo che la presenza di Giscard, più ancora di quella successiva di Mitterrand e degli altri fino a Macron, ha reso praticabile quell’accomodamento per cui la Germania è e resta effettivamente l’uber alles produttore di ricchezza, ma la Francia è il suo partner necessariamente sorridente e partecipe perché non potrebbe mai confessare il suo ruolo subalterno a Berlino, patteggiato e garantito per almeno un secolo dall’ultimo vero statista europeo, quello che portava con leggerezza il nome altero e scostante di Valéry Giscard d’Estaing.
© Riproduzione riservata






