Nel III secolo a. C. Pirro, re dell’Epiro, scorrazzava per l’Italia meridionale sfidando la potenza di Roma con i suoi elefanti, vere e proprie “macchine da guerra”, che i Romani non avevano mai affrontato. Man mano che i combattimenti si svolgevano con esito sempre favorevole a Pirro, i Romani elaborarono un piano per annullare la superiorità bellica determinata dagli elefanti. Pensarono, cioè, di sfidare Pirro in campo aperto dopo aver allagato la piana di Benevento, neutralizzando così la superiorità dell’armata avversaria. Gli elefanti non potevano muoversi e, anzi, sprofondavano nelle sabbie mobili.

L’arma degli ostaggi

Questa necessaria premessa ci porta a Gaza, dove Israele è impantanato da quasi due anni. Si può fare un paragone con la piana di Benevento allagata, perché rende inutile l’uso dei mezzi blindati e dei carri armati, già impossibili da usare nei quartieri abitati e nelle strette vie delle città e dei campi profughi. L’arma in più in mano ad Hamas è costituita dagli ostaggi, vera spada di Damocle sulla testa di Israele, i cui militari non possono raggiungerli perché (come dimostrato più volte) questi poveretti verrebbero immediatamente giustiziati.

I civili esposti ad attacchi e bombardamenti

Contemporaneamente, la popolazione civile viene esposta ad attacchi e bombardamenti, perché i tunnel sono usati solo dai combattenti jihadisti. Dal 7 ottobre 2023, inoltre, si è scatenata una violenta ondata di antisemitismo, mascherato da antisionismo, inimmaginabile. Siamo passati repentinamente da vittime a carnefici; la Shoah è stata cancellata e addirittura rivolta contro Israele, a dimostrazione della perfetta organizzazione propagandistica che c’era dietro.

I trascorsi

L’Idf, mentre annulla Hezbollah, le milizie siriane e tiene a bada gli Houthi, non riesce ad avere la meglio su Hamas. A parte i fatti odierni in base ai quali si sta riscrivendo la storia, non si può ignorare completamente il passato remoto della Striscia perché dà un senso agli avvenimenti con cui facciamo i conti ora. Gaza era abitata da un popolo venuto dal mare, chiamato Falastin dai popoli cananei, indicando con ciò i “predoni del mare”, poi chiamati Filistei. Questa popolazione è stata sempre in lotta con i discendenti di Abramo; basta ricordare gli episodi di Davide e Golia, di Sansone e Dalila, preceduti dagli scontri tra Abimelech e Abramo stesso per lo sfruttamento dei pozzi.  Da ciò che si legge nei testi biblici e nei testi storici, i gazawi – contrariamente al resto di Canaan – disponevano di importanti falde acquifere, tanto che nei periodi di siccità erano gli unici a non dover scendere in Egitto. Adriano, nel 135, una volta stroncata l’ultima rivolta giudaica, si appropriò del nome Falastin, trasformato in Palestina, unica provincia che accorpò Galilea, Giudea e Samaria. Perfino il protettorato dell’Inghilterra lasciò all’Egitto l’amministrazione di Gaza, che passò sotto amministrazione israeliana dopo la Guerra dei sei giorni (1967).

La palude

Dal 2006, quando Hamas vinse le elezioni legislative ottenendo il 44,45% dei voti, cominciò a preparare la “palude” in cui Israele è tuttora impantanata. La situazione è talmente critica che forse soltanto un intervento esterno può porvi fine, e questo sarebbe un bene per Israele e non solo. Nel frattempo, gli ostaggi non vengono liberati e lo Stato ebraico è sempre più intrappolato nelle sabbie mobili di Gaza. Hamas è troppo radicata nella società dei gazawi e difficilmente sarà debellata per sempre, come purtroppo è stato ampiamente dimostrato in questi circa due anni di conflitto.

Marco Dal Monte

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