Esteri
Attacco alla nave Flotilla, sfidava il blocco israeliano

Bardato di kefiah, un giovane attivista dell’organizzazione “Freedom Flotilla Coalition” spiegava ieri, in un video diffuso sui social, che Gaza “è sottoposta a genocidio e pulizia etnica dal 1947”. Il responsabile? Lo Stato ebraico. Il fatto che Israele nel 1947 non fosse ancora costituito è un dettaglio che non impensieriva la militanza di quel virgulto.
Sulla home page del sito web di “Freedom Flotilla Coalition” garrisce lo slogan distintivo dell’organizzazione: “Navighiamo fino a quando la Palestina non sarà libera”. Non aggiungono “dal fiume al mare”: evidentemente veniva troppo lungo. Nelle pagine interne del medesimo sito si spiega che “Nell’ottobre 2023, Israele ha intensificato la sua politica genocida nei confronti di Gaza”. Il giorno preciso non l’hanno messo, meglio stare sul generico: vedi mai che capita in mezzo il 7 di quel mese, il 7 di ottobre del 2023, che poi a qualcuno viene in mente di tirare fuori quella bufala del presunto massacro di 1200 israeliani e del rapimento di altri 250 per opera di 5000 terroristi palestinesi.
Tutto questo per dire di che cosa stiamo discutendo, di quale organizzazione si tratti e di quali missioni essa si senta incaricata, quando ci apprestiamo a commentare la notizia secondo cui una nave di quella “flottiglia”, la Conscience, sarebbe stata colpita al largo di Malta da un attacco con droni nella notte tra giovedì e venerdì scorsi. Sino a ieri pomeriggio non era confermato né che si sia trattato di un attacco israeliano – come ha denunciato l’organizzazione e come hanno suggerito alcuni – né che l’imbarcazione fosse legata a organizzazioni terroristiche di Gaza, come hanno ipotizzato altri. Non occorrono conferme, d’altra parte, circa il fatto che “Freedom Flotilla Coalition” si proponesse esplicitamente di forzare il blocco israeliano a ingressi non autorizzati di materiale e personale nella Striscia. È ancora il sito web dell’organizzazione a dichiararlo: “l’FFC – cioè Freedom Flotilla Coalition – si sta preparando a salpare il prima possibile per sfidare ancora una volta il blocco illegale d’Israele”.
Inutile precisare che il presunto attacco israeliano sarebbe ingiustificato se non fosse provato che la nave aveva gli ipotizzati, e sino a ieri non documentati, rapporti di affiliazione terroristica. Resta tuttavia che un Paese in guerra, il quale – legittimamente o no, questo è un altro discorso – pone limiti all’entrata di materiale e personale in zona di operazioni belliche non può essere sfidato, se non a rischio di chi lo fa, con iniziative di violazione del blocco. Tanto più se chi vi si arrischia non è una qualunque organizzazione umanitaria, ma una formazione militante abbigliata come i macellai che sparano nella testa degli ostaggi ebrei e consegnano in due bare i resti di un lattante e del fratello di quattro anni rapiti e strangolati.
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