«Gli avvocati che non sono interessati al processo sono pregati di accomodarsi fuori». Frasi come questa sono diventate una routine, forse lo sono sempre state ma adesso che c’è la pandemia, che ci si è dovuti adeguare alle norme per contenere i contagi, che bisogna evitare gli assembramenti e tutto è per certi versi più difficile, ci si fa più caso. Giudici e cancellieri pronunciano frasi come questa ogni giorno, o più volte al giorno. E gli avvocati non ci stanno più a passare per gli indisciplinati o a rassegnarsi a un accesso alle aule regolato con una chiamata di tipo quasi “mercatale” da parte del collega che li ha preceduti.

La Camera penale, con la giunta guidata dal neoeletto presidente Marco Campora, sta raccogliendo le lamentele dei penalisti napoletani (all’indirizzo mail attivato per le segnalazioni sono arrivati, in meno di una settimana, già oltre cinquanta casi) e ha istituito un Osservatorio per le disfunzioni degli uffici giudiziari che è già operativo sotto la guida degli avvocati Antonio Rizzo e Carmen Moscarella e con il coordinamento del consigliere Errico Frojo. C’è già un primo documento che sarà presentato alla presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo, per segnalare criticità e avanzare proposte.

I suggerimenti dei penalisti partono dal monitoraggio di quel che accade quotidianamente in tribunale. Si pensi che in una settimana (il riferimento, in particolare, è al periodo dall’11 al 15 gennaio) dinanzi al giudice monocratico erano previste 64 udienze ma solo per 43 sul sito del tribunale risultavano pubblicati gli statini, ciò significa che per il 33% dei casi gli avvocati non hanno ricevuto informazioni né sull’orario dell’udienza né sul fatto che si sarebbe celebrata o meno, con il risultato di essere stati costretti a recarsi comunque in tribunale, attendere comunque fuori all’aula e magari sentirsi dire che «gli avvocati non interessati all’udienza che si sta celebrando sono pregati di accomodarsi fuori».

Non va tanto diversamente, a eccezione delle iniziative di pochi magistrati che hanno già adottato con successo il modello delle udienze a orario, per i processi dinanzi al tribunale in composizione collegiale (34 udienze in una settimana e sul sito nessuno statino pervenuto) o dinanzi al Riesame (udienze convocate a partire dalle 9,15 del mattino e avvocati in attesa in un’unica sala).

«Riteniamo che le misure finora adottate siano insufficienti nella misura in cui all’interno delle aule e anche nei corridoi all’esterno delle aule, c’è un assembramento di avvocati, parti offese, imputati, polizia giudiziaria, consulenti, i quali con le regole attuali si trovano tutti a confluire comunque o al mattino alle 9, o alle 12 nel caso della seconda fascia, per poi sapere quando e a che ora sarà effettivamente celebrato il loro processo – commenta il penalista Errico Frojo, consigliere della nuova giunta della Camera penale di Napoli – Proponiamo quindi una misura completamente diversa, vale a dire la chiamata dei processi con orari prefissati, precisi, e comunicati in tempo utile affinché l’avvocato, come le altre parti processuali, possa organizzarsi sapendo esattamente a quale orario presentarsi nell’aula di udienza».

«Sarebbe una misura a costo zero – aggiunge Frojo – perché si tratta solo di una diversa organizzazione del lavoro, senza alcun aggravio di costi per la pubblica amministrazione. E si tratta di una misura di buon senso che consentirebbe di rispettare il nostro tempo, la nostra professionalità, la nostra funzione nel processo che non può essere improvvisata». Il discorso quindi esula dalla pandemia e della misure per contenere i contagi.

«Sicuramente in questo momento c’è un’esigenza legata all’emergenza epidemiologica – dice Frojo – ma il discorso va affrontato anche in un’ottica di più lungo termine, perché non è possibile per un avvocato rimanere in aula per tre o quattro ore, senza avere la certezza che il proprio processo venga celebrato a una determinata ora». Ne vanno di mezzo anche i diritti, quello di difesa soprattutto. «Senza dubbio – ribadisce Frojo – perché c’è disorientamento generale e non ci sono regole precise.

Serve quindi una misura diversa che preveda non solo una migliore organizzazione delle udienze, ma anche una comunicazione adeguata ed efficace. Non si tratta solo di contenere il rischio di contagi ma più in generale si tratta di assicurare il decoro dell’esercizio della giurisdizione e garantire la celebrazione dei processi in tempi ragionevoli».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).