Ieri a Torino lo Stato ha battuto un colpo. All’alba la Digos e i reparti operativi di Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza hanno circondato la sede di Askatasuna (parola basca che significa libertà), uno stabile in corso Regina Margherita occupato dal 1996: gli ingressi sono stati sigillati dagli operai. Lo sgombero è stato eseguito nel contesto delle indagini su una serie di disordini e atti vandalici per cui sono state indagate e denunciate diverse persone che facevano parte dei centri sociali torinesi: le indagini riguardano, fra gli altri, l’assalto alla redazione del quotidiano La Stampa, avvenuto a fine novembre e per cui erano state denunciate 36 persone, e la vandalizzazione di alcuni spazi delle Officine Grandi Riparazioni (Ogr) durante l’Italian Tech Week dello scorso ottobre.

Negli anni scorsi alcuni membri del centro sociale e del movimento No Tav erano stati accusati di associazione sovversiva, ipotesi poi derubricata in quella di associazione a delinquere, che però è stata comunque esclusa dai giudici. Ieri lo Stato ha parlato con la voce di tutte le sue istituzioni: non solo il ministro Matteo Piantedosi “dallo Stato un segnale chiaro: non ci deve essere spazio per la violenza nel nostro Paese” e del presidente della Regione guidata da una coalizione di centro destra, Alberto Cirio, ma anche il sindaco Stefano Lo Russo del Pd, il quale era reduce di una convenzione con il Centro, disdetta per violazione delle prescrizioni nell’uso dei piani dell’edificio. È una motivazione, quella di Lo Russo, che evita un giudizio politica sull’attività del Centro, ma bisogna accontentarsi: le giunte di centro sinistra riservano ovunque una benevola e tollerante attenzione a questi “compagni che sbagliamo” ma che fanno comunque parte dei grandi movimenti popolari sempre pronti ad intestarsi le cause che vanno per la maggiore in una determinata fase storica.

Nei giorni in cui i cuori battono per la Palestina libera dal fiume al mare persino un politico del calibro di Massimo D’Alema esprime sostegno e ammirazione per i giovani che manifestano, specialmente quelli che protestano per la Palestina, definendoli “l’ultimo baluardo della civiltà europea” e una “boccata d’ossigeno”. Il lider maximo si è persino spinto a sottolineare che i giovani ribelli costituiscono la “speranza”, contro l’inerzia europea di fronte alla crisi umanitaria a Gaza fino a invitarli a boicottare Israele, vedendo in queste proteste una spinta necessaria per una reazione civile e politica. Bingo! Questa è anche la versione di cui si servono i caporioni del Centro: “Questo è un attacco, ma non un attacco all’Askatasuna, è un attacco a tutto il movimento per la Palestina. Pensano di dividerci in buoni e cattivi, ma questi anni, queste lotte, hanno dimostrato che non è così. Facciamo capire al ministro Piantedosi e a Giorgia Meloni, ma soprattutto anche a Lo Russo, che togliere Askatasuna è togliere un bene della città e un bene di tutti quanti, un bene delle lotte, che da più di trent’anni vive questo quartiere e rende meno schifosa questa città, con percorsi dal basso e di socialità, dai concerti alle iniziative per il quartiere, alle grandi lotte, dalla Valsusa a Torino’’. Ovviamente si attendono le reazioni “nelle strade piene di giovani incazzati, che non abbasseranno la testa”.

Tutto sommato potremmo dire che, ieri, l’azione delle Forze dell’Ordine ha avuto nello stesso tempo un carattere preventivo e riparatore. I protagonisti dell’assalto a La Stampa avevano preso in parola il “monito” di Francesca Albanese, promettendo che il loro “colpirne uno per educarne cento” sarebbe proseguito nei confronti di chiunque si fosse azzardato ad avanzare qualche distinguo nella mistica del genocidio. Il governo si è mosso in anticipo (è interessante la presa di posizione liberatoria dei sindacati della Polizia che stanno da mesi in prima linea).
Aggiungendo a queste considerazioni un tocco di malizia sarebbe possibile intravvedere, nello sgombero dell’ultimo baluardo dell’Autonomia, una replica alla Corte d’Appello di Torino che ha dichiarato illegittimo il decreto di espulsione dell’imam preso a riferimento per la devastazione degli uffici del quotidiano torinese, durante lo sciopero dei sindacati di base. In sostanza, il governo ha detto alla magistratura: suonate pure le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane!