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Popolarità e governo Meloni, un calo ma neanche tanto. E a sinistra si gareggia ancora

Giornalista, comunicatore, fondatore di Velocitamedia.it
Popolarità e governo Meloni, un calo ma neanche tanto. E a sinistra si gareggia ancora

Legge di Bilancio licenziata dal Consiglio dei Ministri e in procinto di approdare in Parlamento. Qual è lo stato di salute delle forze politiche italiane?

“Di sicuro possiamo dire che gli italiani credono molto nella figura del presidente del Consiglio e e abbastanza nel governo”, sintetizza Livio Gigliuto, presidente di Istituto Piepoli e analista politico.

Un anno dopo l’insediamento, insomma, le frizioni tra Giorgia Meloni e gli italiani non sembrano tradursi in una caduta libera in termini di popolarità. “Registriamo una perdita di consenso, ma lieve”, afferma Gigliuto. Da settembre a oggi la Meloni perde 5 punti e si attesta al 44%. Ma si tratta di un calo fisiologico, che coinvolge tutti i membri governo, oltretutto con la legge di bilancio alle porte. A proposito di ministri, tra i più graditi c’è certamente Antonio Tajani, titolare della Farnesina, che è stabilmente sul podio dei più popolari. Forse lo era di più quando non era anche leader di Forza Italia, perché era meno polarizzante. Anch’egli è calato leggermente. Ma va detto che la flessione è cominciata tardi, perché in genere la luna di miele tra governo e cittadini dura 6-8 mesi, in questo caso siamo quasi a un anno. A inizio ottobre pare essersi fermata”.

Un calo che però, a quanto pare, non va di pari passo con le intenzioni di voto. “Vero, perché la somma dei voti dei tre partiti di maggioranza resta invariata da marzo. Fratelli d’Italia tra 29 e 30%, Lega intorno al 9% e Forza Italia intorno al 6,5-7%”. Insomma, la flessione della Meloni sembra non mettere in ombra un anno di ottimi risultati dal punto di vista della popolarità. Sembra quasi che quella che era la personalizzazione del leader di partito sia diventata la personalizzazione del leader di governo, nel senso che questi dati sul presidente del Consiglio sembrano fare da traino a quelli sul governo: è corretto? “È proprio così. Giorgia Meloni ha scelto da subito un metodo di personalizzazione effusivo e non esplosivo. A differenza di alcuni leader del passato recente (Salvini, Renzi, in certi casi anche Draghi), non cerca l’intervento che produca un titolo. Cerca piuttosto la continuità di aggiornamento sulle attività del governo. Una scelta che la obbliga a un’azione più costante e meno impetuosa. Nonostante, quindi, questa scelta precisa, ha perso poco rispetto all’inizio. Ed è a suo modo strano, perché non va mai dimenticato che resta leader di un partito fortemente caratterizzato, fortemente identitario e fortemente impiantato a destra”.

Sin dalla sera della vittoria delle elezioni, il 25 settembre 2022, la Meloni ha manifestato un taglio più istituzionale, meno passionale e più ragionato, meno da opposizione e più da governo. Questo probabilmente ha avuto un peso nella percezione di lei da parte dell’opinione pubblica. “È senz’altro così. Il suo taglio fortemente istituzionale non radicalizza la comunicazione, ma dà di lei l’immagine di una figura politica più centrista, anche rispetto a molti suoi colleghi di partito. L’ha fatto dal giorno del voto e sta continuando su questa strada. Questo è il motivo per cui viene percepita bene”.

Abbiamo appurato ancora una volta che l’Italia sembra non essere un Paese per terzopolisti. A sinistra, intanto, Conte e la Schlein sembrano gareggiare a sottolineare differenze, più che analogie. “La vicenda del Terzo Polo è singolare. Non era un esperimento visto male, anzi aveva avuto una certa fiducia. L’8% delle politiche era un risultato che poteva essere una base di partenza. A sinistra, il leader più popolare è Conte, che col 35% si piazza dietro alla Meloni. È stato molto abile a far sì che il Pd lo ‘inseguisse’ sulle sue posizioni, e questo gli ha conferito un’aura particolare. Elly Schlein, invece, ha arrestato il calo ma si è attestata a un 26%, che è un po’ il livello di tutti i leader polarizzanti (vedi Salvini). Il periodo in cui è stata eletta era un momento storico in cui al Pd serviva un leader che parlasse ai propri elettori”.

Ora, però l’obiettivo è allargare il consenso (che non vuol dire allargare il campo): lo si può fare includendo personalità di altre correnti e dando loro maggiore visibilità? “Serve una forte presenza di altre componenti. Pensiamo a Bonaccini, che in tv è molto performante. La sconfitta alle primarie gli ha fatto bene, paradossalmente, si è scrollato di osso l’etichetta del potente di partito, di uomo dell’establishment. Più che una sostituzione io vedrei un ticket, con un’armoniosa alternanza tra i due. Se si spalleggiano pubblicamente si rafforzano e rafforzano il partito, che in questo modo ha due leader, perché Bonaccini piace molto anche a chi non vota Pd”.

Chiosa finale sul fatto del giorno declinato ovviamente in termini comunicativi: a quale destino va incontro Giorgia Meloni? Io credo che la risolutezza dimostrata in questo caso confermi l’immagine che l’opinione pubblica ha di lei, per cui credo che il dato sulla sua popolarità aumenteranno. “Crescerà anche secondo me”, è il pensiero di Gigliuto. “Nella mente dell’opinione pubblica è una donna con la schiena dritta, e il modo in cui ha approcciato e risolto il fatto conferma quest’immagine”.