Sul caso Toti si va avanti piano. Non c’è fretta. Con le elezioni tra tre settimane, la dinamica del contagocce è quella che premia di più. Si punta al logoramento. Il centrodestra attende l’interrogatorio di garanzia del governatore ligure, il centrosinistra si siede sulla riva del fiume in attesa di eventi. Qualcuno più calmo, altri più scalpitanti. I sondaggi che indicano poco fruttuoso il caso ligure hanno scoraggiato i leader dal cavalcarlo. Matteo Salvini chiede giustizia in tempi rapidi, fantastica di cosa succederebbe se si ascoltassero i discorsi dei magistrati, anziché soltanto quelli degli amministratori pubblici (“Vorrei sapere se ci fossero microspie negli uffici di qualche magistrato, per quanto tempo continuerebbe a fare il magistrato”) ma sul caso Toti si tiene basso: “Chi sbaglia, paga”.

Una massima buona per tutti gli usi che viene scavalcata dal coraggio garantista dei suoi, a partire dal suo vicesegretario – che è anche suo viceministro ai Trasporti – Edoardo Rixi. Ieri Rixi, genovese, ha detto che Toti al momento non deve dimettersi e che “Se il problema sta nei versamenti di contributi di imprenditori alla politica, bisogna tornare al finanziamento pubblico dei partiti”. Non fa una piega. Né la fanno le considerazioni che il ministro della Difesa, Guido Crosetto, svolge su Twitter. “Sono da sempre contrario alla carcerazione preventiva (per chiunque e sempre!) che non sia assolutamente necessaria per la gravità dei reati e la reale pericolosità dei soggetti”, premette il ministro, tra i più vicini a Giorgia Meloni. “Sono da sempre contrario alla pubblicizzazione di atti, intercettazioni, teoremi vari, fino alla sentenza di primo grado. Sono garantista verso chiunque. Non sono particolarmente amico di Toti e non so nemmeno chi siano la stragrande maggioranza degli altri di cui si è parlato in questi giorni”, precisa. Poi il frontale, diretto all’indirizzo di quel Nino Di Matteo che sui giornali lo accusa di ordire oscure macchinazioni nei confronti dei magistrati. “Lo dico al Dott. Di Matteo, la cui superficialità nel dare patenti (ho letto nella sua intervista odierna che lui è convinto che io voglia il controllo della magistratura da parte dell’esecutivo) mi ha molto stupito ed un po’ inquietato”.

C’è intanto un altro reato di cui è accusato il presidente della Liguria. Lo si apprende da altre intercettazioni: i giudici non lo sapevano, cinque giorni fa, quando hanno dato il comunicato stampa sull’arresto di Toti. A rinfocolare la fiamma, ieri hanno fatto sapere che gli è stato contestato anche il reato di falso perché avrebbe manipolato i dati della sorveglianza epidemiologica della pandemia di Covid per ottenere più vaccini. La procura ha formulato l’accusa sulla base delle intercettazioni di telefonate e conversazioni nell’ufficio del suo capo di gabinetto, Matteo Cozzani, anche lui agli arresti domiciliari.

Dagli atti dell’inchiesta e dal contenuto delle intercettazioni non è chiaro quali dati sarebbero stati manipolati. In una telefonata Cozzani parlava dei dati relativi ai contagi, in altre dei dati sulle coperture vaccinali per fascia d’età, cioè la percentuale di persone vaccinate sul totale degli abitanti in Liguria. In entrambi i casi l’obiettivo era ottenere più vaccini dalla struttura commissariale, che nella primavera del 2021 gestiva la distribuzione delle dosi alle regioni. Ormai ogni giorno ha la sua croce, le 1400 pagine di atti nascondono ulteriori pieghe e dietro a ogni angolo sembra poter spuntare un nuovo filone di inchiesta. Ce ne sono dieci, oggi, intrecciati tra loro. Un groviglio che a dispetto dei tre anni di intercettazioni non chiarisce, al momento, alcunché di certo.

Ieri intanto è stata la giornata degli interrogatori di garanzia. E’ stato ascoltato Roberto Spinelli, figlio di Aldo Spinelli, l’imprenditore portuale finito ai domiciliari perché accusato di corruzione. Secondo quanto appreso, Roberto Spinelli avrebbe risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni. Ed è stato interrogato anche Francesco Moncada, l’ex consigliere di Esselunga indagato per corruzione (tra l’altro assistito dall’avvocato Paola Severino, ex ministra della Giustizia).

Il fronte giustizialista si divide. Se a Elly Schlein – alle prese con la campagna per le europee e con l’organizzazione del duello con Meloni – hanno sconsigliato di affondare, ecco ricomparire uno ‘sfidante interno’ alla sinistra radicale che non perde l’occasione per lanciare la sua Opa ostile sul Pd. Il leader della Cgil, Maurizio Landini. “Penso che si debba fare il massimo di trasparenza perché quello che sta emergendo qui in Liguria, ma anche in tanti altri casi, è un modo di fare impresa ed un sistema che è malato, che non va bene. Non credo sia una cosa locale quella di cui si sta discutendo, ma il segnale di un problema più generale che va affrontato con maggior radicalità e senza guardare in faccia nessuno”, arringa Landini. E poi rimangono i Cinque Stelle. Giuseppe Conte va alla Stampa estera per prendersela con la riforma della giustizia e la separazione delle carriere. “Pilastro del piano di Licio Gelli e della P2 era la separazione delle carriere e una serie di misure che consentissero in prospettiva di avere una magistratura in qualche modo assoggettata e condizionata dal potere politico. Il governo sta andando in quella direzione”. L’unica certezza è che nel progetto della P2 c’era invece la riduzione del numero dei parlamentari, attuata dal M5S e voluta dallo stesso Conte.

E c’è il Fatto Quotidiano. Al quale si indirizza Gian Domenico Caiazza, l’ex presidente dell’Unione delle camere penali italiane che la lista Stati Uniti d’Europa (Italia Viva, +Europa, Psi e altri) ha candidato come capolista nell’Italia centrale. “Caso Toti, ci sono comportamenti disdicevoli politicamente che non sono reati. Occorre chiedersi se non c’è uno sforamento del potere giudiziario nel controllo della vita politica oltre i limiti previsti dalla legge e dalla Costituzione. Spiegarlo al Fatto Quotidiano è impresa impossibile”, scrive su Twitter.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.