Il governatore ligure Giovanni Toti, come era non solo prevedibile ma anche logico, si è avvalso della facoltà di non rispondere. La procedura – altra liturgia novecentesca sulla quale bisognerà riflettere – prevede infatti che l’indagato tratto in arresto compaia davanti ai magistrati per un primo interrogatorio dove avrebbe dovuto rispondere di 1400 pagine di atti. Ha chiesto qualche giorno per verificarli, studiarli, confrontarsi con i legali e tornare dai magistrati, mettendosi a disposizione per collaborare e sgomberare il campo dalle ombre. Dopo questo primo colloquio il suo difensore, Stefano Savi, presenterà alla gip l’istanza di modifica della misura cautelare, chiedendo la revoca dei domiciliari.

Condizione imprescindibile per poter valutare con la dovuta agibilità se presentare o meno le dimissioni. Se i Cinque Stelle e il Pd tornano a chiederle con forza (“Siamo davanti a una nuova TangentopolI”, il ritornello di Giuseppe Conte), il centrodestra adesso fa quadrato. Il lungo tweet del ministro della Difesa, giovedì sera, ha puntualizzato la sua posizione. Dalla quale adesso Giorgia Meloni non potrà discostarsi troppo. “Con la logica usata per Toti (a cui non viene contestato alcun vantaggio personale e privato) possono arrestare la quasi totalità dei sindaci, dei presidenti di Regione, dei dirigenti pubblici. Suppongo potrebbero anche arrestare la maggior parte dei magistrati”. E poi prosegue: “La carcerazione preventiva non nasce come strumento di intimidazione o per aumentare l’audience di un’inchiesta. Nasce per impedire la reiterazione di reati gravi, la fuga o l’inquinamento delle prove. Non è questo il caso, tanto più che sono passati 5 mesi dalla richiesta di misure cautelari alla loro esecuzione e che, come ha dichiarato lo stesso Procuratore, l’accertamento dei fatti risale ad oltre un anno fa”. Il titolare della Difesa, lo stesso che aveva messo in guardia alcuni mesi fa il Governo dal timore di azioni da parte della “opposizione giudiziaria”, adesso lo rivendica: “Lo avevo predetto con largo anticipo”.

Crosetto contro la carcerazione preventiva di Toti

“Se quindi la misura cautelare non trova giustificazione proprio nei tempi stessi di cui ci ha informati la Procura – rileva Crosetto – perché è stata voluta ed attuata in questi modi ed in questi tempi? Perché c’erano le elezioni, è stata la risposta. Ma Toti non è candidato a queste elezioni. Mi dispiace usare questa frase ma lo farò ugualmente: lo avevo predetto con largo anticipo”. “Toti – prosegue – è stato arrestato per corruzione. Ricordo inchieste simili. La più grave ed eclatante riguardò Fitto. Assolto da ogni accusa. Perché erano tutte false. Dopo anni di inferno. Sarà così anche in questo caso? A me sembra di sì, avendo letto le carte pubbliche e vedendo che il pm arriva dalla stessa Procura che colpì Fitto. Ciò detto – aggiunge il titolare della Difesa – vorrei far notare che sta alla Procura provare le proprie tesi e non a lui la sua innocenza, perché lo è fino a quando un tribunale non lo avrà condannato definitivamente”.

La stessa precisazione, solenne e doverosa in un contesto trascinato dalla demagogia populistico-giudiziaria, la svolge anche il Guardasigilli. “Mi ha colpito che qualcuno si attende che sia l’indagato a dimostrare la sua innocenza, questa è una bestemmia in una civiltà democratica. È l’accusatore che deve dimostrare la colpevolezza dell’indagato. Aspettiamo gli esiti di questa fisiologica dinamica del processo”, ha scandito ieri il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Forza Italia registra una sostanziale tenuta nei sondaggi – come al Riformista conferma Fabrizio Masìa, Emg Different – e può tirare un sospiro di sollievo. Il senatore Maurizio Gasparri ricorda il caso Siclari. “Fu condannato in primo grado con l’accusa di voto di scambio. Noi abbiamo ritenuto di non ricandidarlo per una valutazione di opportunità politica. Ovviamente è stata una decisione difficile. Poi Siclari è stato assolto in appello con una sentenza clamorosa dove si diceva che non c’era nemmeno la suggestione dell’accusa mossa. Infine, la procura di Reggio Calabria ha deciso di non ricorrere in Cassazione contro l’assoluzione. Da qui la mia cautela sulle dimissioni di Giovanni Toti. L’indagine andrà avanti e vedremo, ma ci andrei cauto”. E d’altronde, aggiunge l’esponente azzurro, “La tempistica dell’arresto rispetto a un’indagine avviata anni fa, fa riflettere. E se Nordio, che è persona di grande esperienza e anche di grande saggezza, si ribella, vuol dire che la misura è colma”.

Per correre ai ripari, dopo Pierferdinando Casini, anche esponenti della Lega iniziano a parlare della necessità di reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti. “Se accelerare su un provvedimento necessario può diventare ipotesi di reato solo perché una volta ho incrociato l’imprenditore, allora eliminiamo le cene di finanziamento e quella pessima legge, e reintroduciamo il finanziamento pubblico ai partiti”, dice il viceministro Edoardo Rixi. Pino Bicchielli, deputato di Noi Moderati, sta lavorando a una proposta di legge per reintrodurlo. “Il finanziamento pubblico fu tolto dopo Tangentopoli, in un periodo confuso. Vanno tolti i finanziamenti privati? Allora rimettiamo quello dello Stato, perché la politica ha i suoi costi”, dice al Riformista. Ogni tanto spira una ventata di buon senso.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.