42 anni, ogni tre – a cadenza regolare – viene arrestato. L’ultima volta quest’oggi. Luca Lucci, soprannominato ‘il Toro’ o con il nickname “Belva Italia”, è arrivato a capo della Curva Sud del Milan grazie all’incoronazione di Giancarlo Lombardi, alias «Sandokan», a metà degli anni 2000, e da anni nel settore più caldo del tifo milanista ha creato un esercito, quello dei «Banditi», tifosi dal volto sempre coperto e col cappuccio nero, mentre fuori da San Siro faceva crescere il suo business. Oggi, il suo nome, è tra i più importanti dei 19 arrestati nell’inchiesta sugli ultras.

L’episodio

Dallo stadio è stato costretto ad allontanarsi per la prima volta nel 2009, quando in occasione di un derby colpì Virgilio Motta, anima di un gruppo di amici che si fa chiamare «Banda Bagaj» con un pugno, facendogli perdere un occhio e venendo condannato a quattro anni. Un episodio dal quale il malcapitato non si riprenderà mai, fino a scegliere il suicidio nel 2012. Col daspo affida il posto in balaustra al fratello Francesco, erede anche del progetto del tifo unificato “Curva Sud Milano”, ma continua ad esercitare il suo potere. E non è solo grazie al suo ruolo in curva, al suo fisico, e a quell’episodio di violenza che Lucci si guadagna il rispetto del tifo.

Gli arresti e la droga

Il 6 giugno 2018 viene arrestato in un’inchiesta della polizia su un traffico di droga comprata da albanesi, merce che veniva poi venduta al Clan 1899 di via Sacco e Vanzetti a Sesto San Giovanni, all’epoca luogo di ritrovo del tifo organizzato rossonero, vicenda nella quale finisce in manette anche il fratello, per estorsione. Il Toro patteggia una pena di un anno e mezzo. Un anno gli vennero sequestrati beni per un milione di euro, con tanto di sorveglianza speciale per tre anni. Poi un nuovo arresto, nel 2021. Gli inquirenti lo accusano di essere al centro di un giro che importava in Lombardia grossi quantitativi di hashish e marijuana dal Marocco, e anche responsabile di una partita di cocaina mai arrivata. Condannato a sei e anni e quattro mesi.

Parallelamente seguiva altri affari.  Nel 2017 ha fondato la «Kobayashi srl», una società che si occupa di organizzazione di eventi e gestione di locali. Al suo fianco il mentore Giancarlo Lombardi, il pregiudicato Michele Cilla, Giancarlo Capelli, soprannominato il Barone. Nonostante il suo ruolo pubblico nella curva, Capelli è ora considerato una sorta di “reliquia del passato”. I milanisti si concentrano anche sul mondo delle barberie e dei tatuaggi. Così nasce «Italian Ink», una catena che di fatto diventa una sorta di “cassaforte familiare”, assicurando posti di lavoro ai membri più fidati.

Il legame con Fedez

Lucci resiste alle difficoltà, e in concomitanza dei due arresti nel 2018 e 2019 riesce a sventare due tentativi di essere estromesso dalla Sud, da Sandokan con il quale i rapporti erano da tempo peggiorati. In carcere ha sempre passato poco tempo, e recentemente era tornato anche a San Siro, in tribuna. Ora Con l’ultimo arresto, quello di oggi, la Dda di Milano lo accusa di essere promotore di un associazione a delinquere finalizzata alla violenza  e alle estorsioni al mondo dello stadio. A lui si era recentemente rivolto anche Fedez, con cui manteneva contatti e passava il tempo libero, per chiedere di commercializzare nell’impianto la sua bibita Boem. E il rapper implicitamente lo citava anche nella sua canzone di dissing contro Tony Effe. Amicizie che potrebbero costare caro.

Redazione

Autore