I talebani sono entrati stamattina a Kabul, capitale dell’Afghanistan, e il Paese è ormai in mano al gruppo di fondamentalisti islamici. Come vent’anni fa, come prima di quell’intervento degli Stati Uniti, a seguito degli attacchi dell’11 settembre, che sollevò il regime teocratico imposto dagli “studenti di Dio”. Lasciano le ambasciate gli americani e anche gli italiani – il cui volo di rientro è in partenza stasera alle 21:00. La ritirata viene raccontata come un nuovo Vietnam per Washington.

I talebani stanno facendo sapere in queste ore che l’ordine è “di attendere alle porte della città, ma senza entrare” secondo il portavoce Zabihullah Mujahid e di non prendere la capitale con la forza. I negoziatori sono diretti al Palazzo Presidenziale per il trasferimento “pacifico” dei poteri. La Cnn riporta che otto o nove delegati sono al Palazzo Presidenziale. Si va verso un governo di transizione. I talebani hanno anche assicurato che le persone che vorranno partire potranno farlo e che i diritti delle donne saranno rispettati, compreso il loro diritto all’istruzione. Garanzie che arrivano in ore febbrili e terribili: nei giorni scorsi, durante l’avanzata sulle città del Paese, sono state raccontate le violenze su civili e avversari con uomini sgozzati e liste di donne nubili.

Le origini dei talebani

Talebano in lingua pashtun – la seconda più parlata in Afghanistan dopo il dari – vuol dire “studente”. Studente del corano. E indica un gruppo di fondamentalisti islamici che si sono formati nelle scuole coraniche tra Afghanistan e Pakistan, le cosiddette madrasse. La nascita del movimento di etnia prevalentemente pashtun risale al 1994, nella città di Kandahar, dal mullah Mohammed Omar.

Le divisioni tra i mujaheddin favorirono l’ascesa rapida del gruppo. Gruppo che si armò subito e che conquistò la città di Kandahar e Kabul. Anche l’appoggio della popolazione favorì la loro ascesa e questo perché il gruppo – in un Paese nel caos, spezzato tra etnie e clan – aveva cercato provato una forma di welfare: riorganizzazione della società, miglioramento della viabilità, stimoli all’economia.

L’Afghanistan era un Paese ancora in ginocchio da quell’invasione del 1979 da parte dell’Unione Sovietica che rappresentò un pantano per la stessa Armata Rossa. Lo stesso Mullah Omar aveva combattuto con i guerriglieri di ispirazione islamica, i mujaheddin, contro i sovietici. Dopo la conquista di Kabul i talebani istituirono l’Emirato Islamico dell’Afghanistan, senza un capo politico vero e proprio ma con sotto la leadership del Mullah Omar. Il 90% del Paese venne conquistato nel giro di due anni. A riconoscere l’Emirato soltanto gli Emirati Arabi Uniti, il Pakistan e l’Arabia Saudita.

Quella dei talebani era una teocrazia autoritaria: venne imposta la sharia, la legge islamica, nella sua forma più rigida, con punizioni ed esecuzioni pubbliche; gli uomini avevano l’obbligo di farsi crescere la barba, le donne di indossare il burqa; la televisione, la musica e il cinema vennero vietate; alle donne fu vietata la guida di bici, moto, auto e l’uso di cosmetici e gioielli. I Buddha di Bamiyan, enormi statue nella roccia a circa 250 chilometri da Kabul, vennero distrutti nel marzo del 2001 perché raffigurazioni contrarie alla legge islamica.

L’appoggio ad Al Qaeda

Come il Mullah Omar anche Osama Bin Laden, saudita, figlio di un ricco costruttore dello Yemen, aveva avuto un ruolo centrale nella guerra contro l’invasione dell’URSS. Fondò all’inizio degli anni Novanta l’organizzazione terroristica Al Qaeda, le cui basi furono ospitate proprio in Afghanistan.

Dopo gli attacchi in Kenya e Tanzania quelli dell’11 settembre agli Stati Uniti – furono colpite le Torri Gemelle a New York e la sede del Pentagono. Meno di due mesi dopo il regime talebano veniva rimosso con l’operazione Enduring Freedom. Molti talebani fuggirono in Pakistan dove si riorganizzarono grazie soprattutto alla connivenza con i servizi segreti di Islamabad.

Il Mullah Omar è morto nel 2013, il Consiglio Supremo dei talebani è diventato la Shura di Quetta, le vittime dell’organizzazione rimpiazzati costantemente con nuove reclute. Da anni avevano ripreso il controllo di alcune zone e messo in atto attacchi terroristici. Non sono mai stati sconfitti del tutto. A febbraio 2020 hanno firmato un accordo di pace con gli Stati Uniti, a Doha, capitale del Qatar, che prevedeva il ritiro graduale di circa 13mila soldati in Afghanistan e la liberazione di circa cinquemila prigionieri. Il gruppo aveva promesso di diminuire il numero di attacchi e di non rendere di nuovo il Paese una base e un porto sicuro per i jihadisti.

Il Presidente americano Joe Biden, entrato in carica a gennaio 2021, ha confermato il ritiro statunitense. “Adesso tocca agli afghani combattere per l’Afghanistan”, ha detto solo qualche giorno fa. La debolezza del governo afghano e dell’esercito hanno permesso ai talebani di avanzare senza intoppi e senza resistenze. La caduta di Kabul era stata calcolata in sei, poi in tre mesi, e invece la città è stata circondata già da ieri. I talebani avevano ricominciato a guadagnare terreno nel 2015. A spingere gli “studenti” anche l’avanzata anche del sedicente Stato Islamico; lo scontro tra i due gruppi è stato piuttosto forte nel Khorasan. Non è chiaro se i talebani siano in grado di contrastare e contenere lo Stato Islamico in Afghanistan, al momento noto con la sigla Islamic State Khorasan Province, ISKP.

Chi sono i talebani oggi

Domenico Quirico, storico inviato di guerra de La Stampa, ha scritto oggi un articolo sugli “studenti di Dio che hanno sconfitto l’Occidente”; una lunga e appassionata riflessione sui talebani e su quello che sta succedendo in questi giorni in Afghninstan: “Trent’anni dopo sono mutati i capi e i guerriglieri. I capi trattano alla pari con i dirigenti cinesi, ormai più dell’oppio i loro maggiori finanziatori. Pechino ha progetti ambiziosi su questa parte della Via della Seta ora che gli americani sono fuggiti. I combattenti sono reclutati nelle zone marginali del Paese, le più povere e dimenticate da un potere centrale che non ha mai usato i dollari americani per ricostruire uno Stato. Venti anni di occupazione americana, invece di ridurre le distanze sociali tra i clan dei ricchi manipolano i prezzi e le classi povere, le hanno moltiplicate. I nuovi taleban non sono più in maggioranza studenti arrabbiati che non riescono a diventare ulema, ma i senza lavoro, giovani che inseguono una avventura, o la vendetta, inselvaggiti dagli innumerevoli danni collaterali delle nostre indifferenti guerre per la democrazia. Arruolati sfruttando le solidarietà claniche e famigliari, i legami sociali”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.