Tanto per cambiare...
Dal Ponte sullo Stretto ai termovalorizzatori, benvenuti nell’Italia dei signor no: 5 Stelle e sinistra radical sanno solo evocare la “futura tecnologia”
Il Ponte sullo Stretto non si deve fare: è uno spreco di soldi, e poi si sa, servono altre infrastrutture. A ben guardare però, sono ben poche le “altre infrastrutture” che passano il vaglio: dovunque sia da fare un’autostrada, un tunnel, un collegamento ferroviario (dal Terzo Valico in Liguria al Passante di Bologna, dall’autostrada Tirrenica al Tap in Puglia passando per la Cispadana in Emilia-Romagna), sorgono ovunque “comitati per il no” ben coccolati da certa politica.
Da Ricci a Giani, i diktat 5 Stelle
I termovalorizzatori non si possono fare. Già Matteo Ricci ha ceduto al diktat del Movimento Cinque Stelle nelle Marche e si dice potrebbe farlo anche Giani in Toscana. A chi obietta che se non si fanno i termovalorizzatori bisogna fare delle discariche (che inquinano molto di più), rispondono evocando “nuove tecnologie in arrivo”, come la “dissociazione molecolare”. Che nessuno sa bene cosa sia e come possa applicarsi concretamente in Italia, con quali costi, con quali investimenti, con quali benefici. Ma vuoi mettere come suona bene. Bisogna poi smettere di produrre energia elettrica con combustibili fossili, perché le emissioni di CO2 mettono ormai a rischio il futuro del pianeta. Allora costruiamo centrali nucleari? Ma figuriamoci: anche solo dirlo equivale a una bestemmia. Salvo, ovviamente, che non sia il nucleare di 58esima generazione (ora siamo alla terza), quella che sicuramente sarà pulita, forse.
Ok, allora costruiamo impianti di energia rinnovabile? Si ma basta che non sia sotto casa mia. Perché sai, sono così brutti da vedere. Proprio una regione governata – non si sa ancora per quanto – dal Movimento Cinque Stelle, la Sardegna, si è distinta per limitare fortemente l’installazione di impianti per la produzione di energia eolica. E come non ricordare le petizioni in Umbria della sinistra radical chic per “preservare il paesaggio” e quindi evitare ogni fastidioso impianto di energia rinnovabile. (Ah, neanche i rigassificatori, che comunque sono nella filiera dei combustibili fossili, si possono fare eh. Nel caso ve lo stesse chiedendo).
L’Italia del “non si può fare nulla”
Insomma, c’è un’Italia – di destra e di sinistra, tanto per cambiare – secondo cui praticamente non si può e non si deve fare nulla. Non un’autostrada, non un valico ferroviario, non un tunnel, non un ponte, non un rigassificatore, non una centrale nucleare, non un impianto di energia rinnovabile. O, nella migliore delle ipotesi, “altrove” e con “la futura tecnologia”. Sono poi ovviamente gli stessi che si lamentano delle difficoltà dei trasporti, dell’alto costo dell’energia, del cambiamento climatico. Per contrapporsi a quelli del “no senza se e senza ma” non c’è niente di peggio che essere quelli del “si senza se e senza ma”.
Perché è certamente possibile fare infrastrutture inutili (o cattedrali nel deserto) e perché capire qual è il mix energetico ottimale (e che minimizzi i costi) è una cosa molto più complicata delle crociate ideologiche. Ma per affrontare questi discorsi fuori dalle curve ultrà, c’è bisogno innanzitutto avere il coraggio non solo di abbandonare al proprio destino non solo questa modalità di discutere, ma soprattutto quelli che la utilizzano e che non sanno esistere senza di essa. Siano essi di destra o di sinistra.
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