Era considerato un detenuto “a rischio suicidario” e per questo era soggetto a un regime di stretta sorveglianza, eppure è riuscito a togliersi la vita creando un cappio con i pantaloni del pigiama, senza che gli agenti se ne accorgessero, morendo impiccato alla finestra della sua cella.

È la storia drammatica di Roberto Del Gaudio, detenuto che si tolse la vita il 10 novembre 2019 nel carcere torinese Lorusso e Cutugno: per la sua morte tre agenti della polizia penitenziaria in servizio quel giorno sono stati condannati per non aver vigilato su di lui.

Due degli imputati, accusati di omicidio colposo, sono stati condannati a otto mesi di carcere, il terzo, accusato dello stesso reato e anche di falso, a nove mesi, riferisce l’Ansa.

Ancora più sconcertate la circostanza in cui avvenne il suicidio: Del Gaudio riuscì nel suo intento perché i tre agenti si sarebbe distratti per vedere una partita di calcio in in tv. Quella sera era infatti in corso la partita Juventus-Milan.

Un suicidio avvenuto dunque nonostante il regime di stretta sorveglianza a cui era sottoposto Del Gaudio, in carcere per l’omicidio della moglie, e la presenza di telecamere nella sua cella per monitorarlo. Secondo la ricostruzione dei pm Giulia Marchetti e Francesco Pelosi della procura torinese, che hanno sostenuto l’accusa e coordinato le indagini, tra il momento in cui Del Gaudio si impiccò in cella e l’intervento degli agenti passarono 13 minuti, troppi per evitarne la morte

I tre imputati, difesi dall’avvocato Marco Feno, si sono difesi nel processo riferendo che lo schermo nella sala video che inquadrava le 19 celle di quella sezione in cui c’erano i detenuti a rischio suicidio “era rotto, caduto dal muro a cui era attaccato”, mentre gli agenti che dovevano passare di persona a controllare i detenuti “erano stati richiamati da un detenuto che stava dando dei problemi”. Di questo intervento però non sono emerse tracce, così come sono emersi dubbi nel corso del processo sul guasto al televisore: una consulenza, spiega Repubblica, ha dimostrato che non poteva essersi staccato dal muro da solo.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia