Il governo italiano ha riconosciuto davanti alla Corte europea dei diritti umani che le autorità dello Stato sono responsabili del suicidio di Anas Zemzami, malato psichiatrico, uccisosi nel carcere di Pesaro il 25 ottobre del 2015. In una comunicazione governativa alla Corte di Strasburgo si ammette che il diritto alla vita e quello a non subire trattamenti inumani e degradanti sono stati violati. Il ricorso, presentato dalla sorella del ragazzo, sostiene che non furono prese tutte le misure necessarie a proteggere la vita del ragazzo e che le indagini sulla morte sono state inefficaci.

Roma non si è impegnata a riaprire un’indagine su quanto è accaduto prima del suicidio di Anas. Ma la Cedu sottolinea che la sua decisione di accettare la dichiarazione del governo non esime le autorità italiane dal loro obbligo di condurre un’indagine approfondita, anche in considerazione del fatto che l’Italia ha riconosciuto la violazione dei diritti di Anas. Alla sorella della vittima saranno pagati danni morali per 32mila euro e mille euro per spese legali.

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