Fare un viaggio in tempi di coronavirus nei parchi della droga intorno a Milano è come lanciarsi in un volo interstellare, un cambio di pianeta, una galassia lontana nemmeno immaginata.  In epoche diverse, posti differenti hanno lasciato nascere angoli liberi di annientamento collettivo: i raduni dei reduci delle guerre asiatiche negli anni Sessanta, i grandiosi meeting del rock. Berlino negli anni Settanta era irresistibile, Bahnhof Zoo: il parco contiguo alla ferrovia stimava 4.000 tossici al giorno. Negli anni Ottanta la perdizione chimica si spostò a Zurigo, da tutta Europa a Platzspitz per bucarsi liberamente. Station To Station usciva di bocca al Duca Bianco e ritmava il sogno di chi si trafiggeva le vene. Sulla metro e poi sui bus e sui treni che vanno nell’hinterland ogni tanto lo avverti, c’è un puzzo selvatico, che sa di foglie di eucalipto mischiate con quelle di oleandro, un odore amaro, inconfondibile: l’eroina.

I passeggeri stanno alla distanza voluta dal decreto del Governo, chissà se quelli col tanfo ce l’hanno il modulo per giustificare l’uscita da casa. Quelli che arrivano nel parco delle Groane formano una discreta fila di addolorati e puzzolenti, dopo un po’ gli alberi si scuotono, hanno braccia a rami, raggiungono e abbrancano le prede: sembrano i mercanti arabi di un suk, garantiscono paradisi di primordine a prezzi che nemmeno le fabbriche dei divani. Infilano le dita ramoscello dappertutto. Spariscono di colpo lasciando le tasche vuote e i palmi delle mani dei tossici ricolme di perline argentate.

C’è un esercito di anime inquiete che circonda di disperazione i parchi intorno a Milano, spazi verdi ritagliati allo spaccio, alla periferia, nella cintura, milanese. Dentro il bosco c’è un accampamento perenne di anime dannate, che distribuiscono la morte e se la danno pure. A quelli che arrivano e a quelli che ci vivono, della pandemia non frega nulla, hanno un virus diecimila volte più potente del corona, che gli devasta l’esistenza.

Sono fra i tanti, molti, che non conoscono l’hashtag #iorestoacasa, sono fra quelli che stanno fuori dal tinello, niente letture meravigliose o film da antologia, loro non cercano il modo per passare il tempo, per non annoiarsi, vivono per la tempesta, nella tempesta, sperando che l’uragano impazzi perenne. In tempi d’influenza mortale, fra quelli che non resteranno a casa ci sono loro, le anime variegate del bosco, loro che la salvezza in questa società non l’hanno trovata nemmeno quando era sana.

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E' uno scrittore italiano, autore di Anime nere libro da cui è stato tratto l'omonimo film.