Se Emil Cioran scriveva di oscillare continuamente, quando si confrontava con il pensiero della morte, tra le Piramidi e l’Obitorio, ho l’impressione che in casa di Forza Italia si coltivino ormai retaggi simbolici che finiscono più per cadere nel grottesco di un carnevale di provincia. La strenua volontà di mantenere il nome di Silvio Berlusconi nel simbolo del partito potrebbe certo essere rubricata quale omaggio e tributo e del pari essere considerata come strumento di fascinazione elettorale visto che il nome del Cavaliere resta un brand elettorale di notevole peso. C’è però da dire che questa simbolica persistenza della memoria, in effigie, con trasporto tra il medievale e il terzomondiale, lambisce dimensioni maggiormente affini a una sorta di vudù politico. Evocazione del Cavaliere quale forza trainante e come dispositivo di consolidamento della identità di un fu-partito liberale, di massa e di minor massa.

Anche come catarsi e lavacro simbolico, dentro cui specchiarsi per dirsi liberali pur essendolo assai poco nei fatti. Se il vudù infatti insegna che gli antichi spiriti, i Loa, devono essere sempre rispettati, appare al contrario non così commendevole schermarsi dietro il nome di Silvio Berlusconi, importante al di là di qualunque polemica o controversia si vogliano immaginare, seguendo poi una strada politica diametralmente opposta. Infatti appare difficilmente revocabile in dubbio come oggi Forza Italia sia alle prese con protezionismi assortiti e proposte di legge che definire stataliste e paternalistiche sarebbe gentilissimo eufemismo.

Va bene tutto, per carità, ma può un partito liberale ispirato all’azione e alla figura, e al nome pure post-mortem, di Silvio Berlusconi, inabissarsi dietro l’obbligo in carico ai ristoratori, previsto per legge, di doggy bag? O inseguire balneari, tassisti e altre micro o macro-corporazioni d’Italia, tradendo le coordinate pro-mercato che dovrebbero caratterizzare una idea anche solo vagamente liberale? O, peggio ancora, non dare adeguato sostegno a tutti i tentativi di rendere più umana e appunto liberale la nostra giustizia, non solo intesa nel suo senso ordinamentale ma vista e regolata nelle sue più ampie sfumature di un sistema in cui l’azione magistratuale si fonde sovente alla gloria mediatica, macinando a tratti le ossa di cittadini?

Paradossalmente, in una epoca che sta riscoprendo il senso e l’importanza della libertà, individuale, economica, dopo anni e anni di statalismo occhiuto e sorvegliante, di assistenzialismo, di spesa pubblica fuori controllo, di figure come quella di Milei ascese al governo del loro Paese, Forza Italia avrebbe tutte le premesse concettuali per proporsi come forza davvero liberale e con ciò tributando l’unico onore che davvero si potrebbe e dovrebbe rendere a Silvio Berlusconi. E se come scriveva Giuseppe Pontiggia “l’assente ha sempre ragione”, date ragione al Cavaliere, togliete quel nome e vivificatelo, coerentemente, nella concreta prassi politica.