All’ombra della cupola di San Pietro, il 7 maggio, rivive per una sera il mitologico CAF, il fantomatico accordo che avrebbe previsto Craxi a Palazzo Chigi, Andreotti al Quirinale e Forlani alla testa della DC. A riportarlo in vita in versione extralarge per qualche ora sono Stefania Craxi, Stefano Andreotti, Alessandro Forlani e Flavia Nardelli Piccoli durante il convegno “La politica vista dai figli”, ospiti a San Pio X del parroco Andrea Celli. Li accoglie dagli spalti il sinedrio del pentapartito, tra cui fanno capolino Serena Andreotti (figlia di Giulio), Lucio Gaspari (figlio dello “zio Remo”) e Alessandra De Lorenzo (figlia di Francesco). Trovandosi nell’auditorium di una chiesa, Stefania Craxi ricorda subito come Bettino, all’anagrafe Benedetto, fu a un passo dal farsi prete, anche se l’alter ego storico che si scelse come pseudonimo, il brigante da passo Ghino di Tacco, amava lasciare i chierici in mutande. Ma Craxi, pur essendo ateo e socialista, verso la Chiesa provava un’attrazione fatale, tanto da siglare a Villa Madama un nuovo Concordato.

La ricostruzione di quel giorno

Quella mattina, prima di andare a firmare, si voltò verso il ritratto di Garibaldi che teneva nel suo ufficio a Palazzo Chigi e disse: “Scusami, Beppe”. Non a tutti tra la sua base andò giù questa scelta. Un giovane giurista che lavorava nella Commissione paritetica per la stesura del testo dell’accordo aveva proposto al segretario del Psi di destinare alla Chiesa Cattolica al massimo il 5-6‰ ma Craxi gli obiettò: “Giulio (Tremonti), non vorrai mica affamare i preti!”. Alessandro Forlani, invece, esordisce raccontando come di notte, in motocicletta, venissero consegnati al padre i dossier del SID (Servizio informazioni difesa), come quello battezzato “Mi.Fo.Biali”, su un traffico di petrolio con la Libia a colpi di mazzette, che coinvolgeva il fratello del premier maltese, alti prelati, vertici della Guardia di Finanza e politici nostrani. Ma per stemperare la tensione, Forlani (segretario della DC e Presidente del Consiglio), tra una riunione a Piazza del Gesù e una a Palazzo Chigi, non perdeva occasione di giocare a pallone. E neanche quel suo senso atavico di pudore, tanto che non voleva che si sapesse in giro che facesse il Ministro. Quando, pochi giorni dopo il suo primo giuramento al Quirinale, vedendolo entrare a casa, una bambina amica dei suoi figli lo accolse con un “Buonasera, Ministro”, lui chiese stupito: “Ma chi te l’ha detto?”.

Gli intramontabili

Il maestro del riserbo fu per eccellenza “il divo” Giulio che, il giorno in cui Montini fu eletto Papa, scrisse in una lettera alla moglie: “Quando De Gasperi gli chiese referenze su di me, gliele diede ottime. Quindi sarà sicuramente un ottimo Papa”. La I Repubblica, quasi per intero, si intreccia indissolubilmente con gli incarichi di Andreotti, che fu 34 volte Ministro e 7 Presidente del Consiglio. Un altro uomo intramontabile della Balena Bianca fu Remo Gaspari, re degli Abruzzi, che d’estate nella sua dimora in riva al mare riceveva senza filtri tutti coloro che andavano a trovarlo. Nel racconto del primogenito Lucio, lo “zio Remo” (16 volte a capo di dicasteri), quando a luglio riuniva i sindacati al Ministero dei Trasporti, accendeva i termosifoni per indurli a capitolare.

La gratitudine

Flaminio Piccoli, segretario della DC, non era da meno. Dopo il dolore provato per la sospensione a divinis del suo assistente ecclesiastico nell’AC di Trento, prese a uscire di casa coi calzini di colori diversi, per vagare di notte lungo le strade deserte del nevoso Trentino. Per sfuggire ai tedeschi dopo l’8 settembre, si era dovuto travestire a Grenoble da partigiano francese. Credeva molto nel valore della pedagogia e quindi, tornando a casa, spiegava ogni sera ai suoi tre figli piccoli quali voci di bilancio aveva modificato durante il giorno, quali Dpcm aveva esaminato coi colleghi e per quali motivi aveva nominato quegli amministratori delegati nelle partecipate di Stato. I bambini (di Piccoli, così come di Craxi, Andreotti, Gaspari e Forlani) ascoltavano queste cose oscure con lo sguardo un po’ perso, ma a distanza di decenni gli sono ancora grati per quel tentativo di farli sentire parte della loro ragione di vita, del loro impegno.

Lorenzo Farrugio

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