«Ho sempre pensato che la nostra storia andasse maneggiata con cura, a partire da quella di mio padre (…) Abbiamo dovuto fare i conti anche con un antisocialismo di sinistra: un duello all’ultimo sangue dentro la sinistra con cui è necessario fare i conti, perché ha sostanzialmente disarticolato la sinistra italiana frammentandola fino all’inverosimile. E la frattura del 1992-1994. Questo per i contemporanei ha significato sentire sulla pelle, ancora a lungo, le ferite di quel tempo, anche personali. In realtà ci siamo comportati come i reduci della Guerra d’Algeria: chi è reduce da un simile trauma per un certo periodo non ne vuole parlare. Io mi sono comportato in questo modo: ho cercato di non rimanere con lo sguardo rivolto all’indietro, e questo è stato interpretato come un atteggiamento irrispettoso nei confronti di mio padre Bettino, mentre era piuttosto il contrario… Ho sempre pensato che per far rivivere le sue idee chi, come me, è stato testimone diretto, dovesse lavorare sulle prospettive senza concessione alcuna alle recriminazioni ed alla nostalgia».

Quando si legge uno scritto di Bobo Craxi si va a cercare subito qualcosa sul padre. È inevitabile. Succede ai figli dei grandi artisti, dei grandi attori, dei grandi musicisti. E dei grandi politici. E Bettino Craxi lo è stato. Fino al punto da incarnare l’acme della storia dei socialisti e la sua “ruina”, come avrebbe detto Machiavelli. C’è molto in questo dialogo di Bobo Craxi con Franco Garofalo (“Per un socialismo adatto ai tempi. Un dialogo su passato e futuro”, prefazione di Fabio Martini, edizioni BIM). Ieri e oggi si intrecciano, è caso mai il domani il punto difficile del discorso. Pur con una certa fiducia, che non è fideismo ma frutto di analisi. «Essendo le tradizioni socialiste vive ed operanti praticamente in tutti i Paesi europei, appare inspiegabile come questo non si possa realizzare anche nel nostro Paese: deve essere un obiettivo primario del nostro lavoro di testimonianza, di aggiornamento del pensiero e dell’azione sul terreno delle sfide attuali», si legge.

Il libro è pieno di considerazioni storiche di ampio respiro e con visione larga sulla lunga vicenda del socialismo italiano incastonata nella storia d’Italia e in particolare sotto l’aspetto del suo ruolo nella sinistra italiana. L’antico scontro con i comunisti, oppure la prova del governo, negli anni Sessanta e poi con Bettino vent’anni dopo: ce n’è da scavare. È un piccolo libro importante, questo di Bobo, che va ad aggiungersi a moltissimi recenti libri su Bettino Craxi e sul Psi, diversi dei quali ad opera di ex dirigenti di quel partito, come se in un certo senso emergesse una urgenza di rimettere le cose a posto (e qui Bobo Craxi ricorda opportunamente anche il film di Gianni Amelio, “Hammamet”, che ha fornito specie ai più giovani una lettura non demonizzante del leader socialista). Non è poco.

C’è voluto tanto, troppo tempo per uscire dalla “damnatio memoriae” che ha maledetto una storia gloriosa, pur con le inevitabili ombre, alcune inescusabili, altre meno pesanti di quanto si è voluto far credere. Ecco Tangentopoli. L’inizio della fine di una storia secolare. Bobo Craxi afferma: «Attendiamo che vengano desecretati documenti dei Servizi americani, dell’Fbi o anche dei nostri Servizi e che, quando saranno consultabili, ci diranno che c’è stata un’azione parallela». La storia non è stata scritta tutta. È passato un numero enorme di anni. Osserva Garofalo: «I nuovi tempi sollecitano insomma i socialisti ad assumere in politica anche il paradigma liberale, l’unico che possa prevenire i rischi di qualsiasi deriva autoritaria e mantenere in funzione le istituzioni democratiche. Tali istituzioni non saranno perfettamente obiettive, permetteranno un certo grado di manipolazione da parte della classe dirigente, ma saranno sempre infinitamente preferibili alle dittature ed alle “democrature” nello stile di Orbán o Putin».

È una ricerca apertissima. Di questo amalgama fra socialismo e liberalismo scrivono in tanti, in questo periodo: si è fatto, anche in questo libro, il nome di John Rawls. Ma il punto è che, mentre si cerca la teoria, bisogna buttarsi nel mare della pratica, cioè della politica: «Il socialismo possibile – per Bobo Craxi – sta proprio in questo attivo contrasto alle spinte, che in questo momento non mancano in molte nazioni europee e non, verso un nuovo autoritarismo». Non ripone grande affidamento, Bobo, nel Pd che, «sebbene legato a una proiezione internazionale ben osservabile nel Parlamento europeo, in realtà è il frutto della mutazione che ha assunto qualche partito ex-comunista, e nella declinazione italiana si è accettato che mantenesse – sotto mentite spoglie – una certa continuità con il Pci». Tanto che «uno dei leader di quella stagione mi confidò, simpaticamente, che continuavano a definirsi “comunisti in sonno”». Difficile dire se per i socialisti un po’ di vento si stia alzando. Bobo ci spera.