Verso l'elezione del nuovo Papa
Conclave, le ultime congregazioni dei cardinali e l’Europa, abbandonata da Francesco in nome delle periferie del mondo, che deve tornare centrale
Il Conclave è alle porte: porporati ancora a confronto sull’equilibrio tra modernità e tradizione.

L’inizio del Conclave si avvicina, e in questi ultimi giorni le congregazioni si intensificano, con i cardinali chiamati a riunirsi due volte al giorno – e non una – per affrontare i temi più importanti nell’agenda della Chiesa per il prossimo futuro. Ma le congregazioni sono anche l’occasione per rinsaldare i legami tra i porporati, soprattutto in un Conclave così ampio per provenienza e dislocazione geografica degli elettori, e orfano di molti tra i più eminenti rappresentanti della Curia romana. Il tema centrale è apparso chiaro sin dai primissimi interventi, ed è quello dell’evangelizzazione, che poi è anche lo scopo primario della Chiesa. Qui si è posto il primo tema di confronto (non è un dibattito, ogni cardinale presenta ai confratelli la sua riflessione) tra quelli che vengono definiti conservatori e progressisti (o modernisti), su come e dove vada radicata questa evangelizzazione.
Ed è stata proprio questa la grande differenza tra i due ultimi pontificati, quello di Benedetto XVI e di Francesco. Certo, i due Pontefici partivano da punti di osservazione ed esperienze diverse (tedesco e dunque europeo l’uno, argentino l’altro), e questo ha influito non poco sulle scelte di Bergoglio in particolar modo sull’Europa, decisamente abbandonata alle “periferie del mondo”, su cui la visione missionaria e gesuita di Francesco ha posto l’accento e anche l’acceleratore. Mentre l’Europa, culla della cristianità, è stata lasciata all’offensiva secolarista e data per persa. Ma nonostante ciò, i segnali di un risveglio spirituale ci sono, e vengono proprio da quei Paesi che della laicità hanno fatto una bandiera e della secolarizzazione un mantra.
C’è un vuoto che la modernità non può riempire, e lì l’evangelizzazione della Chiesa è cruciale. Il nuovo Pontefice potrà mettere in campo una controffensiva spirituale, che ha nei più giovani e negli adulti in via di conversione una platea fondamentale. Non solo: il cristianesimo potrà forse salvare la ragione dall’irrazionale, il pensiero filosofico dall’oscurantismo che incombe. Perché nell’Europa che ha rigettato il cristianesimo non avanza la “ragione” (o la “scienza”, come hanno pensato gli ingenui), ma quel “sonno della ragione che genera mostri” (copyright Goya), e che ha portato alla crescita di sette e ad “un vago misticismo religioso”, in balia di vari santoni che si sono proclamati sacerdoti dei culti più stravaganti e confusi.
Non vanno e non possono essere abbandonate le conquiste fatte in quelle aree geografiche più lontane e in cui il cristianesimo cresce, al netto di persecuzioni e violenze. La missione spirituale e la maggiore chiarezza nella dottrina sono punti focali che emergono dagli interventi dei “principi della Chiesa”, e in cui il rapporto con la modernità e la tradizione fanno da sfondo. Non manca l’aspetto politico, e non potrebbe essere altrimenti dopo un pontificato come quello di Francesco, improntato decisamente a temi politici e sociali. Ma qui l’auspicio sembra essere quello di un ruolo della Chiesa focalizzato a ricucire gli strappi e a riavvicinare i nemici, più che ad essere parte in causa. Una visione, del resto, in linea con la tradizione della diplomazia vaticana, messa in ombra negli ultimi tempi dalle dichiarazioni istintive di Bergoglio.
Un piccolo assaggio delle capacità della Santa Sede è stato mostrato in mondovisione con il colloquio nel cuore della Basilica di San Pietro tra Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Come da tradizione, soprattutto in fasi complesse come quella che viviamo oggi sul piano internazionale, non manca l’interesse delle grandi potenze sul Conclave e sul futuro Pontefice. Anche se eventuali frasi scomposte rischiano più di danneggiare il porporato in questione che di favorirlo, tanto agli occhi dei confratelli che a quelli dello Spirito Santo, di cui neanche il più cinico e abile politico può farsi beffe.
Chi ha scelto di entrare a gamba tesa – per usare un termine calcistico – sul Vaticano è stata la Cina, che in barba agli accordi voluti da Francesco e siglati dall’ex segretario di Stato Pietro Parolin ha nominato due vescovi in piena sede vacante. Il tema dei rapporti con Pechino è delicato ed è anche al centro del giallo sulle voci rilanciate da siti statunitensi su un presunto e mai avvenuto malore che avrebbe colpito lo stesso Parolin. Altro tema è stata l’immagine di assoluto cattivo gusto generata dall’Intelligenza Artificiale e pubblicata dai social di The Donald, con il presidente Usa nei panni del Sommo Pontefice e in procinto di impartire la benedizione. Foto che ha provocato la reazione furiosa dei porporati statunitensi conservatori e sostenitori dello stesso Trump. Si sa che la concezione americana della sacralità, specialmente tra i non cattolici, non è come quella di europei e italiani. Ma non si può far finta di nulla solo perché ad errare gravemente è stato qualche suo stolto collaboratore, se non direttamente Trump.
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