Il podcast del direttore
L’inchiesta in Liguria, il giornalismo e quel bisogno di dettagli che eccitano il voyeurismo: perché ci piacciono le storie
Oggi i giornali titolano tutti sull’inchiesta in Liguria. Tra i vari articoli, la fondamentale notizia è che in questo interrogatorio, l’imprenditore Spinelli dice ai giornalisti che ha parlato di tutto. In sostanza, secondo quanto riferito, Toti gli aveva assicurato che avrebbe avuto la possibilità di privatizzare una spiaggia dove Spinelli aveva investito in una proprietà immobiliare, ma poi si è scoperta che c’era la Bolkenstein che ne ha impedito la realizzazione. Che conoscitori di leggi e provvedimenti! Aggiunge Spinelli che, come a tutti i politici, ha sempre dato finanziamenti elettorali rispettando la legge. Fine della storia. Poi i giornali sono pieni zeppi di intercettazioni, di “donnine”, di viaggi a Montecarlo e di altre storie avvilenti. Avvilenti perché vanno sui giornali ed eccitano il voyeurismo di ognuno di noi.
Il vero tema è questo: noi lettori ci appassioniamo alle storie. Più ci entriamo dentro, più vogliamo sapere i particolari. Perché ci eccitano, ci scandalizzano, ci incuriosiscono. Cominciamo a conoscere i personaggi, maturiamo dei giudizi su di loro. Ci piace conoscere vita, morte e miracoli. Le storie diventano argomento di conversazione. Va tutto bene, perché siamo tutti preda di questa sindrome. Siamo animali che vogliono conoscere e raccontare storie.
E naturalmente queste storie di cui ci nutriamo vanno alimentate ogni giorno. Perché se una, un giorno, dovesse essere deludente, la abbandoniamo come una soap televisiva che non ha più colpi di scena. Va benissimo. Salvo che in questa, come in altre storie, ci sono anche di mezzo delle cose vere: la vita delle persone, delle istituzioni. Quando il racconto è come quello di questi giorni, della vicenda giudiziaria si perdono i contorni. Tanto che non interessa più a nessuno quali siano le accuse a un imputato.
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