Com’era? “La salute prima di tutto”, giusto? Beh, dipende. Se sei “bianco”, possibilmente catechizzato, percettore di reddito (non importa se da lavoro o da divano), allora sì, stai sicuro che la tua salute viene prima di tutto. Se invece sei “negro” e scappi dalla guerra, dai campi di tortura, dalla fame, allora no: la tua salute non solo non viene prima di tutto ma rischi pure il linciaggio perché sei quello che impesta la brava gente di questo Paese civile. Se ti va male finisci nei comizi che ti descrivono come il perdigiorno in cerca di pacchia che se ne frega di infettarci tutti; se ti va bene diventi la materia di speculazioni più illuminate, tipo che tra immigrazione e Covid c’è “un’evidente correlazione”.

E nei due casi rimane verissimo che l’importante è la salute, ma mica la tua. Anzi il tuo stato di salute, in teoria da mettere in cima alle questioni cui dedicare più cura, diventa in pratica il segno distintivo delle cose da abbandonare al macero. Hai presente il diritto del malato? Ecco, tu non ce l’hai. Ma è anche peggio, perché non è che non godi del diritto di cui potrebbe godere un malato: piuttosto, la tua malattia ti toglie diritti anziché assicurartene.

Dice: ma se tra quelli che arrivano qui alcuni sono infetti, volete lasciare che vadano (chiedo scusa: vadino, come insegna l’avvocato del popolo) a spargere il virus dappertutto? No, non vogliamo questo. Vorremmo soltanto che non imperasse la panzana secondo cui l’insorgere agostano delle curve di contagio sarebbe dovuto a qualche centinaio di migranti anziché a venti milioni di italiani istigati ad ammassarsi, con bonus e senza tampone, sulle spiagge davanti alle quali affogano quei disgraziati. E vorremmo poi che l’eventuale malattia del migrante fosse un motivo di cura anziché una causa di discriminazione aggiuntiva.

Perché semmai – dio non voglia – le nostre strutture sanitarie dovessero tornare in sofferenza, io me lo vedo già qualche buontempone pronto a berciare contro gli immigrati che tolgono posti alle terapie intensive. Lo spettacolo di un Dpcm che riserva l’ossigeno ai bianchi gradiremmo risparmiarcelo, ma il destino è quello se continuiamo con questa storia dei migranti che portano il virus. E valga la pena precisare che non è affatto una storia “di destra”, perché con toni diversi ma succo uguale essa è bellamente riproposta anche da sinistra.