Lo scenario
La Cina avverte Taiwan e Stati Uniti: tensione in vista del voto, Biden prepara mossa pro Taipei
L’avvertimento della Cina su Taiwan è netto: nessun compromesso con gli Stati Uniti riguardo lo status dell’isola. Il segnale è arrivato direttamente da una nota del ministero della Difesa di Pechino: un’ulteriore prova del fatto che il dossier Taipei sia stato il centro delle più recenti discussioni tra alti funzionari della Difesa cinese e di quella statunitense. Ma soprattutto un segnale di continuità rispetto all’agenda di Xi Jinping nei riguardi dell’isola. E tutto questo non solo mentre si prova a ripristinare delle relazioni positive con gli Stati Uniti, ma anche mentre Taiwan è attesa da un appuntamento elettorale decisivo.
Il leader del Partito comunista di Pechino è stato sempre molto esplicito nel ritenere Taiwan non solo una questione meramente interna alla Repubblica popolare, ma anche un nodo da sciogliere entro pochi anni (o decenni) con la reintegrazione dell’isola all’interno della Cina continentale. E dal momento che il tema è oggetto di divergenze strategiche profonde con gli Stati Uniti, il messaggio cinese ha come destinatario in primo luogo Washington, che sostiene i diritti di Taipei pur rimanendo formalmente ancorata alla politica di “una sola Cina”. Pechino – si legge nella nota diramata dal ministero della Repubblica popolare – “non farà alcuna concessione o compromesso sulla questione di Taiwan”. Inoltre, la delegazione del Dragone ha sottolineato di avere chiesto alle controparti di Washington “di rispettare il principio di una sola Cina, onorare gli impegni rilevanti, smettere di armare Taiwan e di non sostenere l’indipendenza dell’isola”. Infine, sempre nella stessa dichiarazione del ministero asiatico, si legge che i funzionari cinesi hanno “esortato gli Stati Uniti a ridurre la presenza militare e le provocazioni nel Mar Cinese Meridionale e a smettere di sostenere le azioni provocatorie di alcuni Paesi”, ricordando inoltre che “gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere pienamente la causa principale dei problemi di sicurezza marittima e aerea, disciplinare rigorosamente le proprie truppe sul terreno e smetterla di manipolare e pubblicizzare questioni rilevanti”.
Le parole esplicite del comunicato – per quanto, come ricordato dagli analisti, non rivoluzionarie ma semplicemente in linea con le tradizionali avvertimenti del governo cinese sul tema Taiwan – arrivano in un momento particolarmente importante della vita politica dell’Indo-Pacifico e in particolare della stessa isola. Le elezioni che si terranno il 13 gennaio, infatti, possono dare delle indicazioni precise sul futuro prossimo di Taipei: territorio che la Repubblica popolare cinese considera alla stregua di una semplice provincia ribelle. E questo voto, oltre a rappresentare il termometro delle relazioni tra Pechino e Taipei, può anche essere un indicatore non secondario delle tensioni tra le due superpotenze del Pacifico, Cina e Usa, che sul nodo di Taiwan e sull’intera questione del Mar Cinese Meridionale hanno approcci completamente opposti e motivo di notevoli tensioni. Ieri, il governo cinese, proprio due giorni prima delle elezioni, ha scelto di esporsi in maniera molto chiara riguardo la prossima scelta dell’elettorato taiwanese.
Chen Binhua, portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del governo cinese, durante una conferenza stampa si è espresso in termini molto nitidi nei confronti di William Lai, il candidato del Partito democratico progressista, parlandone come di colui che “promuoverà ulteriormente l’indipendenza di Taiwan e le attività separatiste”, e dicendo che ciò che Lai vuole costruire nelle relazioni con Pechino “sarà una situazione pericolosa con onde agitate nello stretto di Taiwan”. Scelta delle parole non casuale, dal momento che proprio lo stretto di Taiwan è da tempo oggetto di contese tra le varie forze navali e teatro di tensioni che hanno riguardato tanto la flotta di Pechino quanto di quelle alleate di Taiwan nella difesa della libertà di navigazione lungo quelle rotte. Il portavoce dell’ufficio cinese che si occupa dei rapporti con l’isola, ha poi concluso con un augurio, e cioè che l’elettorato “faccia la scelta giusta al bivio delle relazioni tra le due sponde dello Stretto”. Un modo per dire ai “compatrioti”, come descritti sui media del Dragone, che sarebbe meglio evitare il voto per Lai (in continuità con la presidente uscente Tsai Ing-wen), puntando quindi su un altro candidato, possibilmente Hou Yu-Ih del Kuomintang.
L’intervento a gamba tesa della Repubblica popolare cinese conferma l’enorme interesse verso la politica dell’isola, che, come detto, è ritenuta da Xi un elemento essenziale della sua agenda di governo per il futuro di Pechino. Il leader cinese ha spesso definito la riunificazione uno scenario “inevitabile”. E negli ultimi tempi, complici anche le difficoltà interne del Partito comunista rispetto a un Paese in rallentamento economico, Pechino ha scelto un approccio molto più assertivo nei confronti della convivenza con Taipei. L’aumento delle esercitazioni militari intorno all’isola, le provocazioni e gli avvertimenti sono diventati una costante. E la tensione è stata visibile anche dal recente errore di traduzione nel messaggio inviato agli abitanti dell’isola e che parlava di un missile cinese in avvicinamento quando in realtà era stato fatto partire un satellite. Gli Stati Uniti, al momento, adottano un approccio cauto sul prossimo presidente di Taiwan. Ma il Financial Times ha rilanciato un’indiscrezione che potrebbe essere il preludio di nuove tensioni con le controparti cinesi. Il presidente Joe Biden, infatti, sembra pronto a fare arrivare sull’isola una delegazione di alto livello proprio dopo le elezioni di sabato. La visita rientrerebbe pienamente nella politica democratica riguardo lo status di Taiwan. Ma in un momento di estrema tensione nell’intero contesto globale, la Casa Bianca si troverebbe di fronte a una scelta difficile: confermare la sua politica per Taiwan o provare un estremo gesto di distensione verso la leadership cinese.
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