Dopo Kiev e Mosca, il cardinale Matteo Maria Zuppi – inviato del Papa per la missione per la pace in Ucraina – sbarca a Washington. Il bollettino della Santa Sede con cui è stato annunciato il viaggio dell’inviato di Papa Francesco è stato semplice quanto evocativo del senso del blitz di Zuppi.

«La visita si svolge nel contesto della missione intesa alla promozione della pace in Ucraina e si propone di scambiare idee e opinioni sulla tragica situazione attuale e di sostenere iniziative in ambito umanitario per alleviare le sofferenze delle persone più colpite e più fragili, in modo particolare i bambini», si legge nella nota. E questo sembra sottolineare ancora una volta come il binario prescelto dalla diplomazia vaticana sia soprattutto quello umanitario.

Una scelta che non vuol dire affatto ridurre la portata «politica» della missione voluta da Jorge Mario Bergoglio, ma conferma come il canale di dialogo individuato tra l’Ucraina e la Federazione Russa sia al momento proprio quello sul fronte umanitario. E in particolare dei bambini. Un tema talmente importante per il Papa e Zuppi da far sì che quest’ultimo sfidasse le pesanti critiche mosse nei suoi confronti e scegliesse di parlare a quattr’occhi con Maria Lvova-Belova, commissaria di Mosca su cui pende un mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale.

Per il cardinale, quella di Washington è una tappa non meno importante di quelle in Ucraina e in Russia. Certo, a Washington non deve sfidare né le bombe russe né la diffidenza, né tantomeno un Paese appena uscito da una misteriosa marcia di mercenari e con un presidente recatosi lontano dal Cremlino. Tuttavia, il peso della tre giorni di Zuppi nella capitale degli Stati Uniti è importante perché serve a mettere in comunicazione il Vaticano e la Casa Bianca, «potenze» così diverse nella loro natura, nella loro essenza e nelle loro aspettative, che pure spesso hanno avuto modo di dialogare e lavorare a stretto contatto nel mondo della diplomazia.

L’impegno Usa nel sostenere Volodymyr Zelensky e la causa ucraina avevano fatto sì che il passaggio oltreoceano fosse ritenuto quasi obbligato per l’arcivescovo di Bologna. Non sfugge però che la visita di Zuppi al di là dell’Atlantico serva anche a mettere in contatto le volontà di Francesco con quelle di Joe Biden e allo stesso tempo superare quella diffidenza che hanno alcuni segmenti politici americani per i quali il pontefice argentino è ritenuto avverso o distante rispetto a Washington. A questo proposito non è sfuggita a molti osservatori la coincidenza temporale tra il viaggio di Zuppi e le parole del «ministro degli Esteri» vaticano, monsignor Richard Paul Gallagher, che alcuni giorni fa – in un convegno per il nuovo numero della rivista Limes – aveva condannato le affermazioni di chi avvicinava il Papa a un antiamericanismo «simile a quello di una certa sinistra italiana».

Gallagher, segretario del Vaticano per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali, aveva anche fatto un duro richiamo sul fatto che alcune dichiarazioni e gesti del pontefice fossero stati «interpretati come atti di un vuoto pacifismo». E queste parole, alla luce della missione dell’inviato pontificio negli Stati Uniti, appaiono ora come una chiave per interpretare il senso dei rapporti tra Roma e Washington in questa fase del conflitto.

Rapporti che non divergono nella percezione di aggressore e aggredito (su cui il pontefice è stato chiaro) ma che si pongono necessariamente su piani diversi dati dalla natura stessa della missione della Chiesa rispetto a quella americana. Se questa è la premessa su cui si fonda il blitz di «don Matteo» negli States, l’obiettivo ora è far sì che proprio tramite la diplomazia Usa si riesca a consolidare quel tentativo di dialogo tra Kiev e Mosca su alcuni fragili punti in cui la Santa Sede ha provato a raggiungere un’intesa.

Il peso dell’amministrazione Biden è essenziale per convincere Zelensky e premere sul presidente russo Vladimir Putin. E Biden, presidente cattolico, può essere un interlocutore fondamentale, oltre che attento a conoscere le impressioni di Zuppi dal cuore del potere russo. Intanto, in attesa di conoscere gli incontri e i risultati del vertice della Cei a Washington, già ci si chiede quale possa essere la prossima tappa della missione per la «promozione della pace in Ucraina». Qualcuno suggerisce Pechino: capitale di un altro impero di quella «guerra mondiale a pezzi» di cui il Papa, da tempo, avverte dei pericoli.