Dis, iniziale di disastro. La porta sbattuta da Elisabetta Belloni fa tremare Palazzo Chigi. Non è un tremolìo. Il terremoto che scuote i palazzi romani è destinato a propagare la sua onda d’urto, tanto più che il momento è particolarmente grave. Il Viminale individua le “zone rosse” sensibili nelle grandi città, quelle a rischio attentati. Cecilia Sala è nelle mani dei sequestratori iraniani e non se la passa affatto bene. Ci sarebbero due guerre, una a Nord Est di Trieste e una nel Mediterraneo.

Il Giubileo che entra nel vivo, con il Papa in giro per la Capitale e cinque milioni di turisti in arrivo. È in questo contesto che Belloni passa e chiude. L’ex dirigente della Farnesina, che con i servizi di intelligence non è mai entrata troppo in sintonia, se ne è andata risolutamente (e qualcuno sottolinea: ruvidamente) malgrado il buon rapporto costruito nel tempo con la premier Giorgia Meloni. Forse perché, nel bilancio complessivo, il rapporto con il resto degli uffici era davvero pessimo. Si vocifera in particolare di dissapori costanti con il sottosegretario Alfredo Mantovano. A cui si è legato, invece, Giovanni Caravelli, dal maggio 2020 direttore dell’AISE, l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna. Le divergenze sono aumentate, la rottura non ha meravigliato chi conosceva la situazione.

L’ambasciatrice messa ai margini

L’ambasciatrice si è sentita sempre più messa ai margini dei dossier più importanti fino ad avvertire la sfiducia nei propri confronti. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso riporterebbe ad una litigata furibonda con Antonio Tajani. L’intervista che ha dato a Repubblica lascia trapelare che il clima, al vertice Dis, non era più respirabile. Tanto che la decisione di lasciare sarebbe stata presa risolutamente prima di Natale, con effetto operativo dal prossimo 15 gennaio. Belloni ha escluso che la sua decisione, in anticipo di cinque mesi sulla scadenza naturale del mandato, sia dovuta ad un nuovo impegno europeo, ma è notoria la stima reciproca con Mario Draghi. Era stato lui a volerla fortemente a capo del Dis, e con lui Belloni ha mantenuto un rapporto privilegiato. Potrebbe dunque esserci verosimilmente proprio Draghi dietro alla decisione irrevocabile di prendere altre strade. Per ora smentite, ma pur sempre all’orizzonte: ancora voci la danno in avvicinamento alla Commissione Europea. Potrebbe assumere un incarico sensibile e di alto livello, come rappresentante personale di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, su uno dei dossier strategici che si aprono nella nuova legislatura Ue: dalla sicurezza all’immigrazione.

Figliuolo in pole per il dopo Belloni

Se Belloni aveva in testa già da tempo un modello americano da importare in Italia, come quello del Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, adesso potrebbe riuscire a realizzarlo – grazie anche a Draghi – in chiave europea. Si apre dunque – e di gran carriera – l’head hunting per il successore. La nomina del direttore generale dei Servizi segreti spetta alla premier Giorgia Meloni, dopo aver acquisito il parere del Cisr: si tratta quindi di un incarico che sul piano formale non richiede il via libera del Consiglio dei ministri, convocato per giovedì alle ore 18 dopo la lunga conferenza stampa di inizio anno della premier. In pole position, il generale Francesco Paolo Figliuolo, nominato guarda caso proprio lo scorso 21 dicembre vicedirettore dell’AISE, a lungo comandante logistico dell’Esercito e noto anche per l’impegno sul fronte della distribuzione dei vaccini durante l’emergenza Covid.

Il risiko di poltrone

Ma ci sarebbe anche Bruno Valensise, nella rosa in mano a Giorgia Meloni. Valensise è attuale direttore dell’Aisi, agenzia della sicurezza interna. L’approdo di Valensise al Dis, tra l’altro, sarebbe sponsorizzato dal sottosegretario Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Valensise conosce molto bene il Dis, di cui è stato nominato vicedirettore generale nel 2019, ma la sua nomina aprirebbe però una sorta di gioco di incastri: muovere lui o Giovanni Caravelli, oggi a capo dell’AISE, rischierebbe infatti di dare il via a un vero e proprio risiko di poltrone che di questi tempi nessuno può permettersi. Rimangono sullo sfondo altre ipotesi come quella del prefetto Alessandra Guidi o Giuseppe Del Deo, che nel 2023 fu nominato vicedirettore Aisi, di cui era stato capo reparto per l’intelligence economico-finanziaria sotto la direzione del generale dei Carabinieri Mario Parente. Ma circola anche il nome di Vittorio Rizzi, che da settembre è vicedirettore dell’Aisi. E quelli del comandante generale della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro e del prefetto di Roma Lamberto Giannini. Il Vaticano guarda alla crisi del Dis con insofferenza, e Meloni rischia di perdere la pazienza. Tantopiù che la situazione di Cecilia Sala è davvero preoccupante.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.