Secondo gli ispettori internazionali che hanno presentato il loro rapporto alla fine di dicembre, l’Iran sarà pronto ad usare almeno due ordigni nucleari nel giro di poche settimane. Sta accadendo ciò che Israele e Stati Uniti hanno sempre considerato un casus belli, ma che oggi sembra non contrastabile. “Ed eccoci tornati alla casella numero uno”, ha commentato il diplomatico francese Nicolas de Rivière che guidò la delegazione di Parigi nella conferenza del 2015, quella che avrebbe dovuto mettere fine allo sviluppo del programma militare nucleare militare dell’Iran. Oggi, Stati Uniti ed Europa sono presenti nel Mar Rosso con navi militari in seguito agli attacchi dei ribelli sudanesi Houthi contro petroliere e porta container in rotta per Suez. Joe Biden e il suo governo stanno facendo sforzi titanici e prove di pazienza zen per non cadere nella trappola iraniana di una guerra preparata da tempo e che solo oggi mostra la sua trama a partire dall’attacco a Israele e dalle mostruose azioni terroristiche contro i civili, il 7 ottobre scorso, quando Hamas, oggi riconosciuto come un braccio armato dell’Iran, si scatenò sui kibbutz e le caserme di Israele. Oggi sappiamo che il progetto di quell’attacco era stato reso noto, ma ignorato dal governo Netanyahu che lo aveva ritenuto inattuabile.

A dare l’allarme dell’imminenza di quell’attacco sarebbero stati i servizi segreti di Riyad, essendo l’Arabia Saudita il nemico frontale dell’Iran, schierata apertamente con il mondo occidentale, pronta con gli israeliani all’”Accordo di Abramo” per una alleanza economica e industriale che potrebbe produrre ricchezza e benessere. Esattamente ciò che Teheran non vuole. Gli Ayatollah hanno, ormai da due settimane, pubblicamente dichiarato di aver aiutato Hamas a preparare l’attacco del 7 ottobre scorso, compresa la parte più esecrabile e mostruosa di quell’attacco: le violenze e gli stupri di ragazze con mutilazioni e le uccisioni di bambini, neonati. Un’azione che ha puntato sull’orrore ed eseguita in modo programmato per produrre in Israele e in Occidente (ma non nei Paesi arabi) uno shock violento e ottenebrante tanto da produrre come conseguenza immediata la più scomposta reazione militare sulla Striscia, con un enorme numero di vittime civili, che hanno capovolto di fronte al mondo la percezione delle cause e degli effetti. come è puntualmente avvenuto.

L’asse di Teheran con Russia e Cina: i fuochi di guerra in Israele, Libano e Sudan

Tutto sta avvenendo come Teheran ha pianificato e così come Russia e Cina mostrano di aver approvato. Questa situazione è ormai nota in tutte le capitali e gli apparati militari del mondo non solo occidentale ma anche giapponese ed australiano, si assiste a un frenetico tentativo di spegnere ogni incendio diffondendo – come fanno gli americani e l’Europa, Italia compresa – avvertimenti minacciosi specialmente per quanto accade nel Mar Rosso da cui le compagnie di trasporti fuggono preferendo il costoso giro dell’Africa. Il segretario di Stato americano Antony Blinken si è precipitato per la terza volta in Medio Oriente ed è atterrato in Arabia Saudita prima di andare in Israele, cosa che mostra come Gerusalemme si trovi in difficoltà con gli americani. Come conseguenza, ieri il governo israeliano ha annunciato una de-escalation delle operazioni militari a Gaza ma senza fornire indicazioni precise.
La strategia iraniana di accendere fuochi di guerra in Israele, Libano, Sudan e potenzialmente in tutto il Medio Oriente ha colto di sorpresa specialmente gli americani che durante l’estate, attraverso incontri segreti, erano riusciti a raffreddare le frizioni con l’Iran ottenendo il rilascio di cinque prigionieri americani in cambio di sei miliardi di dollari congelati dei loro fondi esteri e di qualche prigioniero iraniano. Ma subito dopo, l’Europa e gli Stati Uniti hanno visto crescere improvvisamente l’invio di armi sia verso Gaza che verso gli Hezbollah fortificati in Libano e più ancora ai ribelli Huthi nello Yemen del Sud che stanno dominando il Mar Rosso con i loro barchini armati di missili.

Attacco 7 ottobre ha spiazzato Stati Uniti

Per convincere l’Occidente della sua buona fede, l’Iran aveva rallentato da giugno il processo di arricchimento dell’uranio utile per produrre armi atomiche. Sembrava dunque, che in Medio Oriente si fosse stabilita una promettente bonaccia, perché l’Iran era ancora isolato. Inoltre, l’annuncio del grande patto pacifico e produttivo fra Arabia e Israele benedetto degli Stati Uniti sembrava annunciare una stagione di pace e benessere. Ecco perché l’attacco del 7 ottobre ha colto di sorpresa e in posizione rilassata e disarmata gli Stati Uniti, l’Europa e Israele. Mentre tutto il mondo puntava i riflettori mediatici sulla tragedia della striscia di Gaza, ecco che gli attacchi dei proxy libanesi e yemeniti diretti e armati dall’Iran che sono andati direttamente ad aggredire non soltanto di Israele ma anche le navi da guerra e le basi americane, con Washington che ha minacciato formalmente ritorsioni militari se le aggressioni dovessero proseguire. Ed ecco che mentre la crisi globale raggiunge livelli mai visti con il blocco del traffico commerciale mondiale sul Mar Rosso, arriva la notizia che Teheran ha moltiplicato gli sforzi per ottenere una bomba all’uranio e di aver carburante sufficiente per almeno tre bombe atomiche entro tempi strettissimi, forse meno di un mese.

Come se non bastasse, nelle ultime settimane è diventato clamoroso l’aiuto militare iraniano alla Russia con la vendita di droni Shahed, iniziato con pochi pezzi e ora diventato un flusso capace di determinare le sorti della guerra di Putin visto che in questo momento gli arsenali di Kyiv sono vuoti e Zelensky si accinge a fare una leva di mezzo milione di soldati. Il terzetto formato da Russia, Iran e Cina è adesso legato da interessi sia militari che economici, visto che la Cina sta invadendo il mercato russo di automobili e grandi camion in cambio di petrolio. Chi resta fuori da questa alleanza è per ora l’India di Modi, una potenza in continua ascesa e scatenata nella tecnologia, che vede malissimo il dominio iraniano sul Mar Rosso e minaccia un intervento. Sanam Vakil, direttore del “Middle East and Nord Africa program” citato dal New York Times, ha commentato: “L’Iran ha dato scaccomatto agli Stati Uniti e ai loro interessi in Medio Oriente”.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.