Scorre il sangue in Iran nel giorno del quarto anniversario dell’uccisione del generale Qasem Soleimani, morto in un attacco statunitense a Baghdad il 3 gennaio del 2020. Due esplosioni nel “Cimitero dei martiri” di Kerman, dove è sepolto il generale dei Guardiani della rivoluzione e mente della strategia regionale iraniana, hanno provocato la morte di più di cento persone e il ferimento di altre 150. Le due esplosioni sono avvenute in momenti distinti. Il ministro dell’Interno, Ahmed Vahidi, ha spiegato che la prima deflagrazione è avvenuta intorno alle 15 ora locale, mentre la seconda venti minuti più tardi. E sarebbe stata proprio l’ultima a mietere il più alto numero di vittime, accorse al cimitero per celebrare il ricordo del comandante della Forza Quds.

Insieme alla macchina dei soccorsi, sono scattate subito le indagini per capire la matrice dell’attentato. Il presidente Ebrahim Raisi ha annunciato che gli autori dell’attentato saranno presto “identificati e puniti”. Vahidi ha dichiarato che la risposta dell’Iran sarà “potente e schiacciante” e realizzata “nel più breve tempo possibile”. Mentre il capo della magistratura iraniana, Gholamhossein Ejei, ha definito i responsabili “terroristi mercenari di potenze arroganti”. “Questi terroristi dal cuore duro e i loro padroni assassini dovrebbero sapere che la nostra nazione non perderà mai i suoi sacri ideali”, ha avvertito l’alto funzionario della Repubblica islamica. E queste frasi confermano che per gli Ayatollah la responsabilità dell’attacco va ricercata fuori i confini iraniani. Le autorità hanno proclamato per oggi una giornata di lutto, con Raisi che era atteso ad Ankara per incontrare il presidente turco Recep Tayyip Erdogan: vertice previsto a novembre ma che era stato posticipato.

Escalation Medio Oriente, Nasrallah: “Vittime Iran e Arouri martiri”

La notizia dell’attentato a Kerman ha sconvolto l’intera comunità internazionale, che si è unita nel cordoglio per i morti, ma ha anche elevato l’allarme visto che essa si somma a una cronaca che mostra in tutto il Medio Oriente una pericolosa escalation. Due giorni fa, l’attacco a Beirut in cui è stato ucciso il numero due di Hamas, Saleh el-Arouri, ha fatto di nuovo accendere i riflettori su quanto accade in Libano. Il segretario generale della milizia sciita di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha definito “martiri”, sia le vittime di Kerman che l’alto esponente di Hamas, e dopo avere smentito le divergenze con l’organizzazione che controlla Gaza, ha detto che “l’asse della resistenza si incontra su concetti e su una chiara visione strategica. Gli obiettivi e i nemici sono chiari”. Il governo libanese spera che il partito filoiraniano attacchi Israele in risposta all’omicidio di Arouri. “Siamo molto preoccupati. I libanesi non vogliono essere trascinati, anche Hezbollah non vuole essere trascinato in una guerra regionale”, ha detto il ministro degli Esteri Abdallah Bou Habib.

Escalation Medio Oriente, Houthi continuano ad attaccare navi

E anche ieri si sono registrati scambi di missili tra le forze sciite libanese e le forze armate israeliane da una parte all’altra della Blue Line. L’attesa per quanto sarà deciso dai piani alti di Hezbollah va di pari passo con quello che riguarda le decisioni di Hamas sulla possibile reazione alla morte di uno dei suoi principali esponenti. Per le brigate Ezzedin al Qassam, la “forza armata” di Hamas, Israele “è un pericolo per la nazione”, e il sangue di Arouri “un faro che illuminerà il cammino della liberazione”.
La situazione preoccupa non solo Israele, impegnato con le sue forze armate all’interno della Striscia di Gaza, ma anche gli Stati Uniti. Washington si muove sul doppio binario delle armi e della diplomazia. Gli occhi sono puntati sullo Yemen, da dove la milizia Houthi continua a lanciare droni e missili minacciando la stabilità del commercio via mare. I ribelli hanno colpito un’altra nave mercantile, mentre il comando statunitense per il Medio Oriente, Centcom, ha annunciato che “il 2 gennaio, intorno alle 21.30 ora di Sanaa, gli Houthi sostenuti dall’Iran hanno lanciato due missili balistici antinave da aree dello Yemen sotto il loro controllo in direzione del Mar Rosso meridionale”.

Escalation Medio Oriente, il viaggio di Blinken

“Queste azioni illegali mettono in pericolo le vite di decine di marittimi innocenti e continuano a ostacolare il libero flusso del commercio internazionale”, ha proseguito il comunicato Usa. Il timore di Washington però riguarda tutta la regione, sia per i rischi che corrono le proprie forze impegnate sul campo in vari Paesi, sia per gli effetti politici della guerra. E proprio per questo motivo, il segretario di Stato Anthony Blinken si recherà in Medio Oriente con una tappa il 6 gennaio in Turchia. Sul fronte diplomatico, è intervenuto anche l’Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, che ha avvertito che una soluzione al conflitto israelo-palestinese dovrà essere trovata dall’esterno. “Le due parti non riusciranno mai a raggiungere un accordo”, ha sentenziato Borrell, che ha poi lanciato l’allarme: senza una soluzione al conflitto “l’intero Medio Oriente sarà avvolto dalle fiamme”.