Tre incontri nello stesso giorno. Tre vertici che sono serviti all’Ucraina per rafforzare la sua posizione diplomatica nella difficile partita con la Russia e in uno dei momenti più complessi della guerra iniziata nel febbraio del 2022. Nella notte tra mercoledì e giovedì, il Paese è stato colpito da un nuovo violento attacco aereo da parte di Mosca.

Un raid combinato durato circa 10 ore, ha spiegato il presidente Volodymyr Zelensky, in cui sono stati usati 18 missili e 400 droni, e che ha ucciso due persone a Kyiv (dove, tra l’altro, in circostanza ancora da chiarire, è stato ucciso ieri mattina a colpi di pistola anche il colonnello dei servizi segreti ucraini, Ivan Voronych). E l’impressione è che, come già accaduto in passato, l’attacco aereo sia stato un modo del presidente russo Vladimir Putin per chiarire che di fronte alla diplomazia, la sua risposta resta sempre quella del campo di battaglia. Lo ha fatto mentre era impegnato nei colloqui con Donald Trump. E lo ha fatto anche prima dei tre incontri proprio sul destino dell’Ucraina. Il vertice di Roma, all’Eur, dove era presente anche Zelensky. Il summit nel Regno Unito, dove si è tenuta la riunione della coalizione dei volenterosi. E il faccia a faccia a Kuala Lumpur, a margine della riunione Asean, tra il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il segretario di Stato americano, Marco Rubio.

Il discorso di Meloni

Nella capitale italiana, la conferenza sulla ricostruzione è stata, per Zelensky, una boccata d’ossigeno. La premier Giorgia Meloni, padrona di casa del vertice, ha ribadito l’importanza di scommettere sulla ricostruzione del Paese (rievocando per l’Ucraina il ricordo del miracolo economico italiano dopo la Seconda guerra mondiale) e la volontà di non abbandonare Kyiv di fronte alla pressione militare russa. Per farlo, la ricetta di Meloni si è soprattutto concentrata sull’unità del blocco occidentale. Un’immagine rafforzata, come ha ricordato la stessa presidente del Consiglio, dalla presenza a Roma dell’inviato USA Keith Kellogg. E mentre il suo Paese ha incassato il sostegno di tutti i leader partecipanti, Zelensky ha potuto anche contare su un risultato pratico: la firma di circa 200 accordi economici dal valore superiore ai 10 miliardi di euro.

La Difesa

L’urgenza ora rimangono le difese aeree, primo tassello per bloccare i raid russi. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha annunciato proprio a Roma di avere chiesto al presidente Usa Trump di rimanere tutti dalla stessa parte e gli ha proposto di acquisire i sistemi Patriot in modo da consegnarli poi alle forze di Kyiv. Washington al momento tentenna, anche perché teme un eccessivo svuotamento dei propri arsenali (questa almeno la giustificazione tecnica data anche nell’ultimo controverso stop del Pentagono). Ma mentre Rubio, dalla Malesia, ha esortato gli Stati europei a fare la loro parte inviando i propri Patriot all’Ucraina, durante la conferenza di Roma c’è stato un primo passo proprio sulla difesa antiaerea. La vicepremier britannica Angela Rayner ha infatti confermato con Zelensky l’accordo per consegnare 5mila nuovi missili Thales alle forze ucraine. Il progetto “per la produzione di missili e droni con cui intercettare gli attacchi russi” ha un valore di circa 2,5 miliardi di sterline. E il premier Keir Starmer può anche dire, sul fronte interno, di avere creato altri 200 posti di lavoro per gli stabilimenti di Belfast, in Irlanda del Nord, dove saranno prodotti i missili. Proprio il governo laburista è il trait d’union tra la riunione di Roma e quella inglese, dove si è svolta in videoconferenza la riunione dei “volenterosi”. “Dobbiamo riorientare i nostri sforzi verso la pace, forzando Putin a sedersi al tavolo negoziale” ha affermato Starmer dalla base Nato di Northwood, dove ha copresieduto insieme a Emmanuel Macron la riunione della coalizione. Il presidente francese ha anche detto che è stato elaborato “un piano pronto per essere avviato nelle ore successive al cessate il fuoco” riguardo un eventuale missione di peacekeeping.

Ma tutto dipende dalla volontà del Cremlino di sedersi davvero al tavolo dei negoziati. Rubio, dopo l’incontro con Lavrov, ha comunicato di avere ricevuto dal ministro russo una proposta. “Non si tratta di un nuovo approccio. È una nuova idea o un nuovo concetto che riporterò al presidente Trump perché ne possa discutere”, ha detto Rubio, precisando che questa idea non “porta automaticamente alla pace ma qualcosa che potrebbe aprire potenzialmente la porta a un percorso”. Il segretario di Stato ha chiarito a Lavrov la “delusione” e la “frustrazione” Usa per lo stallo nei negoziati e le mosse di Mosca. Ma l’impressione è che la Casa Bianca non voglia ancora chiudere le porte allo “zar”.