Il dibattito dopo le parole di Cacciari
Liberare la scienza dalla politica, è questa l’urgenza
Agamben e Cacciari. Due filosofi, che certamente non possono essere qualificati come pericolosi estremisti di sinistra o, meno ancora, di destra. Sul prestigioso sito dell’Istituto degli studi filosofici di Napoli hanno pubblicato un lungo articolo dal titolo “A proposito del decreto sul green pass”. L’articolo è estremamente critico in ordine alla possibile discriminazione tra i cittadini, derivante dalla introduzione del green pass. Ecco alcuni passaggi particolarmente significativi: «La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica. Lo si sta affrontando, con il cosiddetto green pass, con inconsapevole leggerezza…
Paradossalmente, quelli “abilitati” dal green pass più ancora dei non vaccinati (che una propaganda di regime vorrebbe far passare per “nemici della scienza” e magari fautori di pratiche magiche), dal momento che tutti i loro movimenti verrebbero controllati e mai si potrebbe venire a sapere come e da chi. Il bisogno di discriminare è antico come la società, e certamente era già presente anche nella nostra, ma il renderlo oggi legge è qualcosa che la coscienza democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire». Per giustificare la loro posizione i due filosofi ricordano anche che «le stesse case farmaceutiche hanno ufficialmente dichiarato che non è possibile prevedere i danni a lungo periodo del vaccino, non avendo avuto il tempo di effettuare tutti i test di genotossicità e di cancerogenicità».
Questa presa di posizione da parte di due pensatori, tra i più autorevoli del nostro tempo, i cui scritti danno conto di una militanza sinceramente democratica, che ha animato tutto il loro percorso di studiosi, non può non costringere ad una riflessione, che deve andare anche al di là del tema contingente della pandemia da Covid 19. La prima questione che viene in evidenza è se sia legittima ed utile la politicizzazione della scienza, che ha caratterizzato il dibattito su questo tema, con ricadute che hanno del grottesco. Basti pensare che l’ipotesi che il virus sia sfuggito dal laboratorio di Wuhan era una bestemmia quando la pronunciava Trump ed è diventata una questione meritevole di una seria indagine quando ha cominciato a formularla Biden. Al tempo stesso, se si guarda al dibattito nazionale, si deve constatare che il discrimine tra le tesi in campo non è affatto costituito dalla serietà o no degli argomenti scientifici, ma dall’adesione ai partiti di destra o di sinistra. È assolutamente prevedibile su un argomento quale quello della vaccinazione, che in quanto scientifico non dovrebbe essere condizionato dalla ideologia, la posizione di un qualsiasi esponente della Lega o del Partito Democratico. In questo, anche la posizione dei cd. scienziati non aiuta, in quanto si avverte fortissima l’incidenza sul loro pensiero della appartenenza. Del resto, non è priva di rilievo la circostanza che abbiano un ruolo di primo piano gli epidemiologi, per i quali è sempre forte la tentazione di far combaciare i numeri con le proprie ideologie. Chi non ricorda la statistica del pollo di Trilussa?
La prima questione, allora, che il tempo presente porta alla attenzione di tutti è la necessità e l’urgenza di liberare la scienza dalla politica. La scienza, come ha insegnato Popper, trova nella falsificabilità il criterio che la distingue dalla stregoneria. La sostanza della falsificabilità sta nel dubbio e nella conseguente esigenza di una costante verifica sperimentale. Tutto il contrario, perciò, delle certezze dispensate dalla politica, pretesamente basate sulla scienza.
La vaccinazione contro il Covid 19 pone, in questa prospettiva, un problema di fondo. Essa riguarda gli eventi avversi, per i quali occorre fare una distinzione. Da un lato vi sono gli eventi avversi che hanno fatto seguito pressoché immediato alla inoculazione del vaccino e dall’altro gli eventi avversi, che potrebbero manifestarsi dopo molto tempo. Il rischio dei primi è misurabile, alla stregua dei risultati delle campagne vaccinali svoltesi nei vari paesi, e dunque, rispetto ad essi vi sono tutti gli elementi di giudizio occorrenti per valutare l’opportunità di introdurre una differenza di trattamento tra chi è vaccinato e chi no o, addirittura, un obbligo di vaccinazione. Il rischio dei secondi è, viceversa, non calcolabile. La storia umana è piena di esempi di pratiche o di sostanze utilizzate ritenendo che fossero senza rischi e che si sono poi rivelate letali. Si pensi all’amianto, oggi bandito da qualsiasi uso, ma che a lungo è stato ritenuto un materiale miracoloso, di cui il progresso imponeva un uso sempre più diffuso.
Nella prospettiva indicata da ultimo, e cioè quella delle conseguenze non immediate, il tema delle discriminazioni fondate sull’avvenuta vaccinazione o addirittura dell’introduzione di un obbligo vaccinale non può beneficiare di alcuna certezza. E sta proprio qui l’errore di quella politica che, viceversa, ritiene di poter dare messaggi semplificati invocando certezze scientifiche che non esistono. Con la conseguenza che non solo la politica, ma anche la scienza perde credibilità agli occhi dei cittadini, che si trovano a dover prendere posizione su pretese certezze che, siccome contrapposte, si smentiscono a vicenda.
Molto più opportuno, e democratico, sarebbe partire dalle poche certezze effettivamente esistenti dando ai dubbi lo spazio, che hanno nella realtà. Una certezza, tristissima, sono certamente le molte migliaia di morti cagionati dalla pandemia. Da essa deriva l’ulteriore certezza che, senza strumenti di difesa, la mortalità continuerebbe a colpire inesorabilmente moltissime persone. Di fronte a questo rischio vale la pena affidarsi a vaccini, di cui sono ignoti gli effetti a lungo termine? Probabilmente si, attesa l’enormità del rischio attuale. Ma è con questa chiarezza e con questa assunzione di responsabilità che la soluzione deve essere prospettata ai cittadini, e non con la “leggerezza” che giustamente mettono in evidenza Agamben e Cacciari. Proprio perché cittadini e non sudditi. E solo se vi è questa chiarezza, la soluzione è accompagnata dagli anticorpi idonei a combattere quel bisogno di discriminare, che, come denunciano Cacciari e Agamben, è antico come la società. La consapevolezza della assoluta straordinarietà della situazione e della soluzione è indispensabile affinché non si generi assuefazione alla discriminazione.
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