Sotto i nostri occhi si sta svolgendo una “guerra mondiale a pezzi”, stando alla famosa frase di Papa Francesco, con entrambe le ipotesi possibili che essa diventi globale con esiti catastrofici, o che invece gradualmente rifluisca prima in un equilibrio appeso a un filo, poi a una nuova stabilità tutta da costruire.

Non si può fare a meno, però, di rilevare che alla radice di tutto ciò c’è il fatto che dopo l’apparente trionfo dell’Occidente, verificatosi tra il 1989 e il 1991, con il crollo del muro di Berlino, e il fallimento per implosione e non per una guerra, del comunismo in Russia e nei Paesi dell’Est europeo, è avvenuto qualcosa di segno opposto. Si è dipanato un attacco a tre punte, proprio contro l’Occidente, proveniente dal fondamentalismo islamico (prima la jihad, poi l’Iran), dalla Cina e dalla Russia di Putin.

Prima ci fu l’attentato alle Torri Gemelle, e successivamente, in seguito a una tortuosa vicenda all’interno del mondo islamico, è emerso l’Iran, con i suoi partiti armati quali Hamas e Hezbollah, diventando la guida centrale dell’attacco ad Israele a cui si è aggiunta la esplicita preparazione di una bomba atomica che aveva l’evidente obiettivo della distruzione della Nazione degli Ebrei. Questo pericolo a suo tempo non fu affatto bloccato dalle intese con Obama. Oggi la gente ha la memoria corta per cui si è dimenticata che alle origini del covid, che ha colpito tutto il mondo divenendo una pandemia, c’è stata la Cina che lo ha incubato a lungo senza avvertire l’OMS da essa condizionato. Finito il covid, è scattato nel febbraio 2022 l’operazione militare speciale di Putin contro l’Ucraina. Doveva essere un blitz nella certezza che l’Occidente (vedi la ritirata dall’Afghanistan) non avrebbe reagito e che gli Ucraini si sarebbero arresi. Oggi l’Occidente, e specialmente l’Europa, devono a Zelensky e agli Ucraini il fatto che la loro resistenza ha bloccato ad alto prezzo Putin e ha reso a tutta l’Europa un grande servizio.

Fino al 7 Ottobre del 2023 l’Israele di Netanyahu non aveva sparato un colpo a Gaza, ritenendo anzi che Hamas facesse del terrorismo mediatico più che del terrorismo reale. In effetti allora Netanyahu cadde dietro l’operazione di dissimulazione messa in atto proprio da Hamas. Dietro il Sabato nero di Hamas c’è l’Iran che a sua volta ha rapporti profondi con Putin che rifornisce di droni mentre, proprio dopo il 7 Ottobre, una rappresentanza di Hamas fu ricevuta al Cremlino. Dopo qualunque governo Israeliano, non solo quello di Netanyahu, avrebbe dovuto fare la guerra e una guerra durissima per riaffermare la deterrenza perduta senza la quale Israele sarebbe sottoposta agli attacchi più vari. Si tratta di una guerra appunto, non di un genocidio come afferma la propaganda di Hamas che ha fatto largamente breccia nella sinistra italiana. Per altro verso Hamas ha usato il popolo palestinese e ciò ha spinto il governo Netanyahu a fare gravi errori nella gestione dello scontro armato (e anche nei rifornimenti alimentari). Un errore che è auspicabile venga corretto.

Tutto ciò premesso, visto che la linea morbida di Obama è stata aggirata in questi anni dagli ayatollah iraniani che, come ha rilevato la stessa Aiea, avevano aumentato alcune percentuali assai importanti riguardanti l’uranio arricchito, sarebbe da ritenere che, a fronte di una aggressività permanente proveniente dall’Iran e dai suoi satelliti, era inevitabile che gli USA ed Israele non affrontassero in modo frontale il nodo costituto dalla preparazione della bomba atomica a fronte anche della tattica dilatoria seguita dagli iraniani. Le reazioni della Cina e della Russia sono state assai significative e pericolose.

È decisivo che nei confronti del chiodo a tre punte che sta lavorando contro l’Occidente, esso ritrovi uno schieramento unitario che va dagli USA a Israele all’Unione Europea. Solo ciò può creare le condizioni per una ricontrattazione globale degli equilibri nella quale gli USA siano collocati nell’area tradizionale del mondo occidentale e non in mezzo. A questo punto però è decisivo che nessuno, in primo luogo l’Unione Europea, ma gli stessi Stati Uniti, dimentichi l’Ucraina. Qualora Putin riesca a spianare l’Ucraina non si fermerebbe lì, ma le tappe successive sarebbero la Finlandia e i Paesi Baltici: solo da ciò deriverebbe il rischio che la guerra mondiale a pezzi diventi globale. Quindi è fondamentale che, sia pure nelle condizioni assai differenti in cui esse si trovano, il mondo occidentale (USA e Unione Europea) proteggano e garantiscano sia Israele sia l’Ucraina.