La cultura è diventata un motore di sviluppo economico, un elemento di coesione sociale e uno strumento di promozione dell’identità cittadina. Sergio Locoratolo, coordinatore delle politiche culturali del Comune di Napoli, rivendica le politiche messe in campo dall’amministrazione Manfredi e traccia le prossime strategie per continuare a imprimere un profondo cambiamento nel panorama culturale della città.

La cultura è sempre più una leva di crescita. In che modo l’amministrazione Manfredi ha lavorato per trasformarla anche in un fattore di coesione sociale e di rafforzamento dell’identità di Napoli?
«La base su cui si è costruito il cambiamento poggia innanzitutto sul modo di interpretare il ruolo che il Comune deve svolgere per favorire e promuovere la crescita culturale della comunità, ovvero un ruolo di regia istituzionale attuata in dialogo e connessione continui con il territorio e con gli operatori, supportandoli e non sostituendosi ad essi, nell’ottica di una partnership diffusa. C’è una grande capacità di programmazione, resa possibile grazie alla disponibilità di risorse in tempi adeguati e alla definizione di una chiara visione che guida tutte le azioni».

Tutto bello: le strategie sono ambiziose. Ma c’è il rischio che, al di là delle buone intenzioni, i cittadini percepiscano ancora pochi risultati tangibili…
«No, non sono solo dichiarazioni. Parlano i numeri. Basti pensare agli spazi della cultura: da 10 siti comunali si è passati, nell’ultimo triennio, a oltre 50 spazi ritrovati o in convenzione; 8 siti comunali su 10 sono stati interessati da importanti interventi di manutenzione, di rifunzionalizzazione e di restauro dal 2022 ad oggi (conclusi o in corso), per un investimento totale, senza precedenti, di oltre 15 milioni di euro. Con riferimento alla partecipazione attivata dalle iniziative del Comune, in 3 anni il numero di associazioni, enti e imprese coinvolti è aumentato del 114%. Infine, il numero di progetti organizzati dal Comune è passato dai 200 del 2021 al record di 1.500 del 2024».

Qual è l’esempio più emblematico del cambio di rotta?
«Il Maschio Angioino: con i lavori di riqualificazione e la mostra “Napoli Metafisica” di Mimmo Jodice, in poco più di un mese, ha registrato oltre 36mila visitatori, con un incremento di oltre il 120% sul 2024».

Per la prima volta è stato utilizzato lo strumento del bando pubblico per i contributi. Che impatto ha avuto questa scelta sul sistema culturale?
«Ha ampliato vorticosamente il numero di operatori che interagiscono con il Comune, con il conseguente allargamento dell’offerta culturale. Ma non è l’unico cambio di passo, c’è anche altro».

Mi dica.
«La crescita della struttura amministrativa ha permesso la creazione di uffici in grado di rispondere a tutte le esigenze degli operatori. In tal senso, a partire dal 2021 la città ha visto un notevole incremento delle risorse destinate alla cultura, con una crescita esponenziale del budget da circa 3,5 milioni di euro nel 2021 a oltre 13 milioni nel 2024».

In che modo è cambiata l’attenzione rivolta alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico e monumentale?
«L’attenzione che abbiamo rivolto non ha precedenti per il numero e la qualità degli interventi. Questo ha avuto un impatto anche nel disvelamento del potenziale inespresso dagli spazi della cultura. Si pensi al ruolo svolto dal grande programma di arte pubblica diffuso sul territorio cittadino, che non ha eguali in Italia».

La città ha una natura policentrica, ma storicamente la maggior parte degli eventi si concentra al centro. È un paradosso…
«Nel 2021, il 75% degli eventi organizzati dal Comune si svolgeva al centro e il restante 25% nelle periferie. Ora non è più così: oggi gli eventi al centro sono circa il 55% e quelli in periferia il 45%. L’obiettivo minimo è quello di pareggiare almeno queste percentuali».

Bene, ma non bisogna adagiarsi sugli allori. Quali sono le sfide all’orizzonte?
«Certo, rimane ancora tanto da fare. Da qui alla fine della sindacatura dovremo ampliare le relazioni con operatori e istituzioni culturali di tutta la città e non solo; incrementare, regolamentare e semplificare i servizi rivolti agli operatori (anche attraverso la digitalizzazione di alcuni processi); investire sui settori più trascurati come la letteratura, il teatro, la danza e la conoscenza in senso più ampio (storia, filosofia, cultura scientifica). E poi bisognerà avviare nuovi modelli di gestione per alcuni siti strategici come il PAN, Castel Nuovo e per quelli oggi ancora interessati a lavori di manutenzione straordinaria (mai avviati prima d’ora), quando gli stessi saranno completati».

E non dimentichiamo la Coppa America del 2027…
«È un grande appuntamento. Proprio per questo sarà indispensabile sviluppare una programmazione culturale di qualità, anche per questa occasione. E ci faremo trovare pronti».