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Misure di prevenzione, quando il sospetto diventa una vera forza incontenibile
Vi è una sottile linea rossa che accomuna le misure di prevenzione, le misure di sicurezza senza condanna e le misure cautelari, tutte caratterizzate da contrazioni probatorie e presunzioni legali. Provvedimenti gravemente limitativi dei diritti fondamentali degli individui, che prescindono dall’accertamento della commissione di un fatto illecito e dalla sua addebitabilità al presunto autore. Una “giustizia” senza garanzie sorretta da artifici linguistici e speculazioni argomentative, che nel provocare ferite mortali ai canoni costituzionali della presunzione d’innocenza, del diritto di difesa, dell’inviolabilità della libertà personale e della protezione del diritto di proprietà, offendono l’intelletto.
Utopia securitaria
Per i sostenitori delle misure di prevenzione, “la giuridica esistenza di tali istituti trova ragionevole fondamento nelle inderogabili esigenze di prevenzione generale rispetto alla cui tutela lo Stato non può mai abdicare”; come a dire: “Il fine giustifica i mezzi”. La verità è che il sistema repressivo in atto è frutto di una mai sopita cultura illiberale e autoritaria, che ancora pulsa forte nel cuore degli Stati moderni. Filippo Sgubbi nel suo “Diritto Penale Totale” ci avvertiva di come “l’utopia securitaria, nutrita dal sospetto, induce l’autorità pubblica a cercare di controllare ogni momento della vita delle persone”. Sospetto e probabilità, categorie metagiuridiche che non dovrebbero trovare cittadinanza nel diritto sanzionatorio moderno, divengono così regole poste a fondamento di provvedimenti fortemente afflittivi di diritti individuali. Un disequilibrio ordinamentale che ha finito per potenziare l’apparato repressivo dello Stato derogando alle garanzie difensive, aggravando il già precario equilibrio che regola i rapporti tra l’autorità e i cittadini, introducendo un secondo livello di legalità per una platea sempre più ampia di “nemici dello Stato”.
Il sistema di prevenzione
Eppure le grandi Corti seguitano a riconoscere la conformità delle misure di prevenzione ai dettami della Costituzione Repubblicana e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, scandendo inefficaci limiti e condizioni alla loro applicazione, con un evidente compromesso al ribasso dell’assetto democratico del nostro Continente. Ne è un chiaro esempio la recente sentenza “Garofalo/Italia” con la quale la I Sezione della Corte EDU assume, per la prima volta e incomprensibilmente, che la confisca di prevenzione non è pena, ma misura ripristinatoria, pertanto indifferente ai princìpi convenzionali di presunzione di innocenza (art. 6 §2 Cedu), di accessibilità alla fonte e prevedibilità della sanzione (art. 7§1,2). Facendo a meno di un accertamento nel contraddittorio tra le parti che garantisca il diritto di difendersi provando circa la giuridica esistenza della condotta illecita posta a fondamento della confisca, si afferma che “l’accusa” che muove l’azione di prevenzione non è da considerarsi “penale”, dal momento che la sanzione che chiude il procedimento ha natura, appunto, prevalentemente ripristinatoria.
Il sistema punitivo
In sostanza, i beni del malcapitato di turno vengono incamerati dallo Stato per prevenire un arricchimento ingiusto che deriverebbe dalla commissione di un reato che non è necessario accertare. Con buona pace per i fautori del giusto processo. Ciò dimostra che l’aver giurisdizionalizzato le principali misure di prevenzione, l’aver introdotto un obbligo motivazionale dei provvedimenti applicativi, nonché aver previsto – solo sulla carta – l’esercizio del diritto di difesa, non è sufficiente a rendere compatibile il sistema di prevenzione ai princìpi inderogabili dell’ordinamento interno e convenzionale. Non è un caso che la nostra Carta fondamentale, pur essendo una delle poche che si occupa del sistema coercitivo – prevedendo al suo interno gli istituti della “pena” in senso stretto e delle misure di sicurezza – non operi alcun riferimento alle misure di prevenzione, ritenute evidentemente dai padri costituenti non (più) adeguate al principio di stretta legalità. Quasi ottanta anni dopo il suo avvento, le misure di prevenzione rappresentano un’odiosa deroga allo Stato di diritto rispetto alla quale si registra una patologica, quanto irreversibile, involuzione di civiltà giuridica. Se la dottrina più autorevole auspica(va) un tendenziale allineamento del settore di prevenzione ai princìpi basilari del diritto penale e alle regole del processo penale accusatorio, ciò che è avvenuto attesta l’esatto contrario.
La valutazione
Il diritto penale ha, infatti, abbandonato definitivamente il carattere di sussidiarietà, espandendosi a macchia d’olio in nuovi settori della vita sociale ed economica del Paese, caratterizzandosi sempre più per una serie di deroghe e presunzioni legali che hanno finito per rappresentare la regola. E così, attraverso un’evidente eterogenesi dei fini, “la nuova prevenzione” sembra aver abbandonato la sua vocazione inibitoria delle fonti di pericolo, rappresentando un sistema punitivo che si è affiancato a quello penale, ma svincolato dalle garanzie tipiche di quest’ultimo. Appare davvero inconfutabile e non più differibile l’assunto secondo il quale alla crescita dei profili punitivi dovrebbe corrispondere l’incremento delle garanzie.
Il punto nodale è l’assenza, nel processo di prevenzione, di un autonomo procedimento di formazione della prova, idoneo a garantire il diritto di difesa rispetto al fatto tipico addebitato. La valutazione del Giudice della prevenzione, gravita sull’attività investigativa degli inquirenti, sull’apporto difensivo offerto con finalità differenti nel diverso procedimento, sui provvedimenti giurisdizionali anche cautelari, residuando margini ristretti per un contraddittorio postumo ed effettivo. Occorrerebbe in definitiva riportare a unità il sistema delle misure di prevenzione, proponendo soluzioni interpretative costituzionalmente orientate, superando il presupposto dogmatico dell’estraneità di queste misure dal territorio della penalità. La necessità, quindi, di un giusto procedimento che assicuri le garanzie a tutti i soggetti destinatari, garantendo il pieno contraddittorio nella formazione della prova.
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