Il mercato globale della mobilità autonoma sta accelerando con forza. Negli Stati Uniti si prevede che il settore crescerà da 22,6 miliardi di dollari nel 2024 a oltre 220 miliardi entro il 2033, spinto da evoluzioni nell’AI e dalla crescente domanda di soluzioni di trasporto più sicure, flessibili e sostenibili. Waymo, il leader americano e parte del gruppo Alphabet, ha già superato 10 milioni di corse autonome completate, operando a pieno regime in città come Phoenix, San Francisco e Austin con una flotta di oltre 1.800 veicoli Jaguar I-PACE con retrofit.
In Cina, il panorama è altrettanto dinamico: aziende come Baidu Apollo, Pony.ai e WeRide si stanno affermando come leader dell’ecosistema AV (Autonomous Vehicles). Il mercato cinese, attualmente stimato a 17 miliardi di dollari, è destinato a raggiungere i 170 miliardi entro il 2033. Baidu ha recentemente annunciato di aver superato i 9 milioni di corse robotaxi, con operazioni commerciali attive in oltre 10 città. Nel frattempo tutti gli occhi sono puntati su Austin in Texas dove Tesla presenta il suo servizio di robotaxi, pubblico.

Un aspetto cruciale dell’evoluzione del settore è il nuovo modello di collaborazione tra attori specializzati lungo la catena del valore. La mobilità autonoma non sarà dominata da singoli colossi verticali, ma da ecosistemi di player interdipendenti: società tecnologiche sviluppano software di guida autonoma e AI; costruttori automobilistici forniscono l’hardware, ovvero i veicoli, spesso sottoposti a retrofit complessi; marketplace e operatori della domanda(come Uber e Lyft) gestiscono il traffico utenti, la geolocalizzazione e la customer experience; nuovi operatori di guida autonoma, che gestiscono la flotta, la manutenzione, la ricarica e le attività operative, puntando a massimizzare l’utilizzo dei veicoli grazie all’assenza del conducente umano. Questo nuovo modello non è fleet management tradizionale, né car rental, ma un vero e proprio business autonomo: l’operatore AV, una figura centrale nel futuro della mobilità urbana. Negli Stati Uniti, il caso Waymo è emblematico. In Arizona, l’azienda ha rilevato una gigantesca fabbrica ex Chrysler, in collaborazione con Magna, dove vengono allestiti oltre 1.800 Jaguar I-PACE destinati alla flotta autonoma. Allo stesso modo, Amovo (Texas) e MOOVE (Florida) stanno emergendo come operatori regionali, già partner strategici di Waymo per le attività operative.

L’Europa, pur essendo stata pioniera nella regolazione e nella sperimentazione tecnologica, fatica oggi a tenere il passo. Negli anni scorsi, il modello europeo ha tentato di incardinare la guida autonoma nel sistema del trasporto pubblico, con progetti pilota in Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Italia e Medio Oriente. Oggi, il rischio è che l’Europa diventi un terreno di conquista per player extraeuropei, in assenza di champion locali e di un chiaro indirizzo strategico. Le potenzialità non mancano: Volkswagen, Stellantis e Renault stanno sperimentando tecnologie autonome, ma manca un’integrazione efficace tra tecnologia, attività operative e modelli di business scalabili mentre qualche start up va tenuta d’occhio come l’inglese Wayve che ha sviluppato un modello di AI che sembra essere molto adattivo agli ambienti urbani. La Gran Bretagna è apripista e ha appena annunciato che entro la primavera 2026 introdurrà un primo servizio di robotaxi senza conducente a Londra, puntando, secondo il segretario dei Trasporti Heidi Alexander, a creare 38.000 nuovi posti di lavoro e oltre 42B £ per l’economia inglese. L’annuncio arriva insieme alla partnership tra UBER e Wayve, unico benchmark europeo di società tecnologica che ha sviluppato un sistema di AI per la mobilità in grado di scalare industrialmente.

In Italia, progetti come AIDA (sistema AV su base Maserati sviluppato dal team del Politecnico) o il pilota di A2a con una 500 elettrica autonoma, oltre a sperimentazioni universitarie di alto livello hanno dimostrato la qualità tecnica esistente. Ma da soli non bastano. L’Italia oggi non è vista come un mercato prioritario da parte dei grandi attori internazionali – inclusi i cinesi di WeRide e Pony.ai, che stanno entrando in Germania e Francia ma non hanno piani annunciati per l’Italia. Eppure le opportunità non mancano: il PNRR (attraverso MOST) potrebbe finanziare progetti logistici e per il trasporto pubblico a guida autonoma. Ma serve una visione industriale che attragga investitori e operatori esteri, superando le barriere burocratiche e normative. Altrimenti, rischiamo di assistere da spettatori al decollo di un mercato destinato a trasformare radicalmente mobilità, occupazione e infrastrutture urbane.

Il mondo non sta più sperimentando. Sta implementando, su scala industriale. Le sperimentazioni le realizzavamo dieci anni fa, oggi servono business model veri, scalabili, e una filiera pronta a reggere volumi e prestazioni da servizio pubblico. Chi saprà gestire le attività operative – più ancora che sviluppare software – sarà il vero protagonista di questa rivoluzione.

Carlo Iacovini

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