Dopo esser stato chiamato in causa dall’allora comandante provinciale dei carabinieri di Siena Pasquale Aglieco, che ascoltato dalla commissione parlamentare d’inchiesta disse che rispose ad una chiamata della parlamentare Daniela Santanché arrivata sul telefono di David Rossi, Antonino Nastasi fornisce la sua versione dei fatti.

Il magistrato, oggi in servizio a Firenze e tornato all’onore della cronaca mercoledì per la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del leader di Italia Viva Matteo Renzi nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Open, è stato sentito dai membri della commissione d’inchiesta sulla morte di Rossi, ex direttore della comunicazione del Monte dei Paschi precipitato il 6 marzo 2013 da una finestra del terzo piano della sede di piazza Salimbeni in circostanze mai chiarite.

La telefonata con Santanché

Nastasi fu infatti tra i primi ad entrare nell’ufficio di Rossi e poi ‘accusato’ da Aglieco di aver risposto ad una telefonata della Santanché allo stesso Rossi. Una circostanza questa che il magistrato ora in servizio a Firenze smentisce categoricamente: “Ho memoria certa della telefonata della Santanché perché ero rivolto verso l’esterno. Guardai il display e sul display compariva Daniela Santanché e dissi a voce alta: ‘Sta telefonando Daniela Santanché’. Il telefono squillò per un po’, non ho preso il telefono e non ho risposto al telefono“, ha chiarito Natasi nel corso dell’audizione.

Ma il sostituto procuratore di Firenze va oltre e spiega anche che in precedenza c’era stata un’altra telefonata e anche a quella nessuno rispose. “Poi cosa le avrei dovuto dire – ha aggiunto Nastasi -. Io non ho preso il telefono e non ho risposto al telefono, i tabulati di tre compagnie telefoniche diverse attestano che quella è una chiamata senza risposta”.

L’alterazione della scena del ‘crimine’

Spazio quindi alla presunta alterazione della scena. Anche in questo caso le parole di Nastasi sono una risposta alle accuse di Aglieco, che in commissione aveva ricordato che un magistrato presente subito dopo i tragici fatti si sedette sulla sedia di Rossi, rovistò nel cestino con una penna prima di rovesciarlo, e toccò anche il pc del manager Mps.

Nastasi ai parlamentari riuniti nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto ha chiarito di non essersi seduto sulla sedia di Rossie non ho ricordo che qualcuno si sia seduto”. “Io ricordo che il cestino fu rovistato, i biglietti erano in cima e vennero presi dal maresciallo Cardiello, messi sul tavolo e ricomposti. Io non presi parte né alla presa dei biglietti dal cestino né alla loro ricomposizione“, ha aggiunto il sostituto procuratore.

Quanto al computer di Rossi, Nastasi ha spiegato di non aver toccato il mouse ma che “probabilmente” qualcuno presente nella stanza l’ha fatto, “ma per un motivo tecnico e che è agli atti, perché volevamo capire se a schermo c’era qualcosa di rilevante e la cosa meno invasiva da fare in quel momento era toccare il mouse o un tasto del computer”.

Il ruolo di Aglieco

Nastasi ha anche smentito la presenza di Aglieco nella stanza di Rossi. L’allora pm di Siena ha spiegato in commissione di “non aver memoria del colonnello Aglieco in quella stanza, il mio ricordo lo colloca nell’atrio davanti alla stanza di David Rossi, lo scritto anche nella relazione che ho depositato a dicembre al mio procuratore generale”, anche se sono passati nove anni e “il mio ricordo può essere fallace”.

Il sostituto procuratore di Firenze ha raccontato che nell’ufficio entrarono lui, “Natalini, Marini, gli uomini della volante, il vice questore Baiocchi e il maresciallo Cardiello”. Una stanza in cui “non c’era traccia di colluttazione, non c’erano oggetti rotti, né fuori posto. Se non ci fosse stato il cadavere dalla finestra sarebbe stato un normale ufficio. Non c’era traccia di un’azione violenta posta in essere da terzi”.

L’indagine per suicidio

Quanto all’inchiesta della procura di Siena, che ha sempre scartato qualsiasi ipotesi non fosse il suicidio, Nastasi spiega così le motivazioni: “Tutto lasciava intendere che si trattava di un suicidio. Iscrivere a omicidio volontario sarebbe stato singolare“.

Stanza intonsa, bigliettini di addio nel cestino, segni di autolesionismo sul corpo. Questo il quadro che ci è stato rappresentato. Dati questi elementi l’unica iscrizione plausibile per poter fare degli approfondimenti, era per istigazione al suicidio. E tutto quanto doveva essere fatto, ai fini degli approfondimenti, in quel momento e nei giorni successivi, è stato fatto”, sono state le parole del magistrato ora a Firenze.

Nastasi spiega infatti che, anche se “ci può essere stato un errore e non dico che non ci possa essere stato”, però “così come leggo da anni che ci sia stata la volontà di insabbiare una vergognosa falsità. Noi non avevamo intenzione di coprire nessuno”.

I presunti festini

Insabbiamento che sarebbe strettamente legato ai presunti festini gay a cui avrebbero partecipato alcuni magistrati senesi che hanno indagato sul caso Rossi, inchiesta già archiviata. “Io non ho contezza dell’esistenza di festini e non vi ho mai partecipato. Ho letto gli atti delle Procura di Genova e posso dirle che dagli atti di Genova risulta che Bonaccorsi (Matteo Bonaccorsi, ex escort che avrebbe partecipato alle feste, nda) non mi ha riconosciuto nelle foto mostrate da Carolina Orlandi“, la figlia dell’ex manager Mps.

Anche laddove sia data per certa e su questo avrei dei dubbi, l’esistenza dei festini – ha detto Nastasi ricordando il provvedimento di archiviazione – non vi è alcun elemento che l’esistenza di quei festini possano aver interferito sull’attività della procura“.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.