Foto, email, cartelle cliniche, testimonianze. È il materiale raccolto dagli investigatori che stanno indagano sulla morte di Michele Merlo, il cantante vicentino già concorrente di Amici e X-Factor, morto per una leucemia fulminante all’ospedale di Bologna il 6 giugno dello scorso anno.

Per il decesso di Michele è aperto a Vicenza un fascicolo d’inchiesta con l’ipotesi di reato di omicidio colposo: l’unico iscritto nel registro degli indagati è Pantaleo Vitaliano, medico di base con studio a Rosà (Vicenza) che il 26 maggio 2021 visitò il cantante 28enne, che secondo l’ipotesi dei pm avrebbe dovuto accorgersi dell’infezione in atto ordinando degli esami del sangue. Così Merlo, secondo quanto riportano i periti, “avrebbe avuto una probabilità di sopravvivenza compresa il 79 e l’87 per cento”. Inchiesta che ormai è praticamente chiusa: manca infatti l’incidente probatorio il prossimo 2 marzo per consentire così anche consulenti della difesa di ridiscutere le conclusioni della perizia.

La ricostruzione

Tutto ruota, come riporta il Corriere della Sera, attorno all’impressionante ematoma comparso sulla coscia sinistra. La tumefazione compare il 16 maggio, preceduta il 7 dello stesso mese da ecchimosi su schiena e avambraccio destro. Il 26 maggio il cantante scrive al medico di base allegando la foto dell’ematoma alla gamba, che nel frattempo si è allargato estendendosi dall’inguine al ginocchio: Michele chiede “un appuntamento urgente” perché prova “dolore forte sottocutaneo in presenza di un grumo solido, come una ciste”. La risposta arriva dopo pochi minuti: “La mail è unicamente per la richiesta di terapia cronica. Per qualsiasi altro motivo chiamare in segreteria. Inoltre chiediamo di non inviare foto”.

Nello stesso giorno, poco dopo le 14, Michele Merlo si reca al pronto soccorso di Cittadella dove gli viene assegnato un codice bianco: nella scheda del triage il personale sanitario scrive che il paziente “riferisce ematoma alla coscia, da circa una settimana (…) Nega traumi”.

Un riferimento fondamentale quest’ultimo, perché dopo un paio d’ore il cantante, stanco di aspettare, lascia l’ospedale e si fa accompagnare dalla fidanzata nello studio di Vitaliano, che tratta l’ecchimosi sulla coscia come uno strappo muscolare. “Mi riferì di essersi procurato l’ematoma durante un trasloco. Gli ho detto di tornare da me il 31 maggio ma non si è più presentato”, spiegherà successivamente.

Cosa non torna

Un punto che non quadra. Michele Merlo poche ore prima non indica ai medici del pronto soccorso di aver subito un trauma, poi direbbe l’opposto al suo medico di base. Agli ispettori della Regione Vitaliano spiegherà anche il 3 giugno riceverà da Merlo una nuova mail in cui scrive di essere “molto dolorante in gola e ho la febbre costante che sale e scende”. Il medico propone di cambiare antibiotico e di rivolgersi a una guardia medica, secondo gli ispettori di Azienda Zero, struttura di vertice della sanità veneta, il suo comportamento è corretto: “Non emergono rilievi particolari sulla gestione del paziente — si legge nella relazione finita in Procura — soprattutto in considerazione che il sig. Merlo non si è presentato al controllo suggerito”.

Di diverso avviso è la relazione dei consulenti della Procura di Vicenza, che in 52 pagine contestato a Vitaliano che “con elevata probabilità non ha valutato con sufficiente attenzione l’ematoma (…) non sono stati considerati in maniera adeguata i pregressi ematomi (…) Tali errori possono aver determinato un ritardo nella diagnosi”.

Pur non escludendo che il cantante potesse morire lo stesso, i consulenti spiegano che “qualora la terapia corretta fosse stata somministrata a partire dal 27-28 maggio, avrebbe avuto una probabilità di morte precoce pari a 5-10 per cento”.

Il secondo medico (non indagato)

Ma dalle carte dell’inchiesta emerge anche il ruolo di un secondo medico, Enrico Giannini, che visitò Merlo il 2 giugno nell’ambulatorio di Continuità assistenziale di Vergato, dove il giovane era ospite della fidanzata in Emilia in quei giorni, diagnosticandogli una tonsillite. Tuttavia, si legge nella perizia, “nessuna terapia somministrata il 2 giugno avrebbe evitato il decesso” e per questo il medico di Vergato non è stato indagato.

Secondo i periti la condotta di Giannini “non ha incluso un’attenta anamnesi e un esame obiettivo completo”, anche se il suo lavoro è stato complicato dal fatto che Michele non aveva segnalato emorragie e altri sintomi.

Sono state invece responsabilità dai medici del pronto soccorso di Cittadella e dell’ospedale di Bologna che prenderanno in cura Michele il 3 giugno, quando arriva ormai privo di sensi dopo essere svenuto davanti alla fidanzata. Saranno quest’ultimi a scoprire, ormai troppo tardi, la leucemia che costerà la vita al cantante 28enne.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.