La parola più diffusa
Morte Sinwar, da oggi il mondo è un posto migliore. La vendetta israeliana e l’ultima occasione per gli USA di fermare il conflitto
Vendetta è forse stata la parola più diffusa in Israele mentre ancora nelle tv locali e di tutto il mondo scorrevano le immagini dei massacri del 7 ottobre. Immagini registrate con orgoglio criminale dai macellai di Hamas. Le body cam che i terroristi palestinesi portavano indosso di quelle ore di terrore hanno raccattato ogni istante, e molte sequenze il grande pubblico non le vedrà mai, troppo forti, e al di là di ogni immaginazione umana. Dietro quella strage, voluta e accelerata da Teheran, c’erano i vertici di Hamas, Ismail Haniyeh, Mohammed Deif e Yahya Sinwar. La spada della vendetta, quella che del resto ha dato il nome all’operazione “sword of iron” nella Striscia di Gaza da parte delle forze di difesa israeliane, ha raggiunto prima Deif, poi Haniyeh e dulcis in fundo proprio Sinwar, la mente organizzativa del progrom del 7 di ottobre.
I commenti
Il primo commento è stato quello del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant sul suo account X, che citando il Libro del Levitico, capitolo 26, ha ricordato come: “inseguirai i tuoi nemici, ed essi cadranno davanti a te per la spada”, chiosando qualora la citazione biblica non fosse chiara, “i nostri nemici non possono nascondersi. Li inseguiremo ed elimineremo”. Sinwar da anni in cima al taccuino dei cecchini israeliani, dal 7 di ottobre era il ricercato numero uno, dal 2015 era anche nella lista dei terroristi internazionali (Sdgt) del dipartimento di Stato americano. Una delle sue frasi più celebri che amava ripetere ai suoi adepti era: “La liberazione è il nucleo strategico di Hamas, e riguarda la Palestina dal mar Mediterraneo al fiume Giordano”, che poi è la stessa che gli stolti complici occidentali ripetono come una nenia nelle manifestazioni che in teoria sono organizzate in sostegno al popolo palestinese, ma in fin dei conti strizzano entrambi gli occhi ad Hamas e da ultimo anche a Hezbollah. Sinwar da quello che si apprende è stato colpito e ucciso in uno scontro a fuoco con l’esercito israeliano nei pressi di Rafah dove da oltre dodici mesi si nascondeva.
Sinwar, la morte attesa
Sinwar nato nel 1962 nel campo profughi di Khan Younis, dopo la sua cattura nel 1988 trascorse ben 23 anni nelle prigioni Israeliane dove avrebbe dovuto scontare ben quattro ergastoli. Nel 2011 fu rilasciato con altri mille prigionieri palestinesi in cambio del soldato israeliano, Gilad Shalit, rapito da Hamas nel 2006. La sua morte era attesa, perché dopo il 7 ottobre, dopo tanta brutalità, e dopo tutto il sangue che è stato versato, in una terra che per dirla con le parole di Carlo Levi è ormai “senza redenzione”, non c’è spazio per la pietà, perché tutto, persino il più piccolo granello di umanità, è stato annientato tra le vie strette dei Kibbutz, in quella mattanza che non aveva in sé che il germe dell’odio. Così Israele ha applicato la sua Legge: “occhio per occhio dente per dente”, resa ancora più chiaramente dal generale Daniel Harari che sentenziò solo pochi mesi fa “è un uomo morto”. Le ultime immagini, prima della foto cha ha iniziato a circolare quando i media israeliani hanno annunciato che proprio il leader di Hamas era stato ucciso, lo riprendevano nei tunnel sotterranei di Khan Younis con la sua famiglia, mentre camminava guidato dalla flebile luce di una torcia.
La vendetta di Israele
Come già nella celebre operazione “Collera di Dio” voluta da Golda Meir nel 1972 dopo i fatti di Monaco, così anche oggi Israele ha deciso che la propria vendetta raggiungerà tutti i suoi nemici, perché questa per quanto brutale è la lezione cinica del 7 ottobre 2023: non puoi vivere con i tuoi aguzzini fuori dall’uscio, non puoi applicare le regole della diplomazia e della deterrenza all’odio, perché l’odio per quanto talvolta incomprensibile agli occhi di noi occidentali, scavalca ogni muro, supera i confini e aliena ogni limite.
Biden informato
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stato informato della morte del leader di Hamas mentre era in volo sull’Air Force One diretto in Germania, ed è stato costantemente aggiornato sugli sviluppi e sulla fase di accertamento dell’identità di Sinwar. Per Biden la morte del Capo politico di Hamas rappresenta l’ultima concreta possibilità di arrestare il conflitto nella Striscia, benché la morte di Sinwar per quanto simbolicamente e strategicamente importante non costituisce la pietra tombale di un’organizzazione terroristica ramificata nella società palestinese come Hamas. Per quanto crudele possa sembrare a quelle che Novalis chiamava le “anime belle”, da oggi il mondo è un posto migliore.
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