E’ stato presentato a Roma il movimento politico della Buona Destra. Promosso dal giornalista Filippo Rossi, già ideologo finiano nella fondazione FareFuturo, poi ideatore del festival culturale Caffeina.

Futurista nell’approccio, nasce attorno a un manifesto di venti punti opposto a tal punto all’agenda sovranista da concludersi con l’auspicio che l’Unione Europea possa trasformarsi in Stati Uniti d’Europa, il vecchio pallino dei Radicali di Pannella. E proprio quell’area: riformatrice, libdem, riformista che va da +Europa a Azione di Calenda e Italia Viva nel centrosinistra, fino ad arrivare, sull’altra sponda, ai moti liberali di Mara Carfagna con la sua Voce Libera e Stefano Parisi con Energie per l’Italia, sembrano essere gli interlocutori naturali del neonato movimento che, nonostante ciò, intende, almeno nel nome, mantenere l’imprinting destrorso.

L’obiettivo è quello, evidentemente, di tenere fede a un brand fatto di storie umane e militanze arrivate da lontano che oggi hanno bisogno di mettere in evidenza come la parte politica liberal-conservatrice non debba riferirsi solo a quello che Rossi chiama la “destra del cattiverio” di Salvini e Meloni ma possa ben esprimere anche altre idee, a tal punto contrastanti su talune questioni come l’Europa, i diritti e l’accoglienza dei migranti (comunque da regolare con una nuova legge) da far sembrare l’iniziativa del giornalista viterbese al pari della vecchia “stecca nel coro” di montanelliana memoria o, in prospettiva, il granello di sabbia nell’ingranaggio di un centrodestra che delle radici del 1994 conserva ormai davvero poco.  Quel tanto che, tuttavia, basta a ricreare dibattito, pungolo, stimolo di idee.

“Vogliamo spiegare che esiste una politica altra, una destra altra – ha detto Rossi – capace di assumersi la responsabilità di governare i processi, complicati, in questa fase storica del nostro Paese e dell’Europa. Basta con le fake news, i fenomeni da baraccone e le piazzate, basta con lo stigmatizzare la diversità: specie nel momento della ricostruzione post Covid-19, col Paese uscito malconcio dall’emergenza. Ciò che ora serve sono il realismo e le competenze, il pensiero critico e la capacità di programmare il futuro senza pensare solo al consenso, di pancia, del presente”.

Dalla parte di Jekyl è il libro che Filippo Rossi ha pubblicato per Marsilio a fine 2019 e attorno al quale il movimento si è spontaneamente riunito nei mesi successivi, riuscendo a superare indenne, sulle ali dell’entusiasmo, anche il buio momento del “lockdown” durante la pandemia da coronavirus.

Il giornalista neo-leader è approdato dunque nella Roma rovente quanto ancora poco popolata di questo inedito inizio di luglio, inserendo la prima conferenza stampa del nuovo partito  nella gloriosa sala Capranichetta, affacciata su piazza Montecitorio. Un evento fondamentale, anzi, di fatto fondativo per la Buona Destra, incuneatosi tra le tappe di un moto perpetuo che dura ormai da mesi e si dipana tra presentazioni del volume e aperitivi, appuntamenti a cena, “pizzate” dove ognuno paga per sé, disseminate qua e là per l’Italia, in tutti i luoghi nei quali la Buona Destra ha raggranellato i primi militanti pionieri. Tra loro anche alcuni amministratori locali.

Qualcuno, in maniera malevola l’ha già definita “la destra che piace a sinistra”. Probabilmente lo spirito avanguardista di chi si sta lanciando nell’avventura prevede per ora una attività quasi unica: guardare avanti e solo poi, quando sarà il momento, distogliere lo sguardo e scoprire chi davvero ci sarà attorno.