Nel favoloso mondo di Amelie-Elly, bisogna ‘mettersi comodi, il cambiamento non è un pranzo di gala (Diretta Instagram del 31 maggio). E su una cosa la segretaria del Pd ha ragione: in poco più di 3 mesi, il partito è già molto cambiato, a tal punto che è quasi irriconoscibile.

Il primo fattore di trasformazione proprio nelle primarie, il 25 febbraio, per la prima volta nella sua storia, gli elettori della consultazione dem hanno espresso un nome diverso rispetto a quello scelto dai militanti con il voto nei circoli. Non era mai avvenuto con i segretari precedenti. Una stranezza che non ha riscontri, farsi eleggere il segretario da persone che magari non votano per quel partito è un’anomalia che non molti hanno gradito. Elly però è stata conseguente: nel gruppo dirigente nominato al Nazareno, sono pochissimi quelli del Pd: “La segretaria ha portato anche qualcuno di noi”, la battuta fulminante attribuita a Matteo Orfini. Quello che è avvenuto prima del suo arrivo, o non conta (e comunque dobbiamo un po’ subirlo) o è da buttare. Una caratteristica in linea con la biografia dell’attuale inquilina del Nazareno, che non a caso nel 2014 promosse Occupy Pd.

Così nel mirino di Elly finiscono il termovalorizzatore di Gualtieri (“È una scelta che era stata presa dal sindaco prima del congresso del Pd”), il Jobs Act e la stagione di Matteo Renzi (nonostante che fu proprio l’ex sindaco di Firenze a candidarla nelle sue liste al Parlamento Europeo).

Poi certo c’è il tema scottante dell’Ucraina. In questo caso il Pd non ha cambiato posizione, ma toni e distinguo sono diversi, ne fanno fede i voti della delegazione italiana al Parlamento Europeo in due diverse occasioni (con una linea incerta e molti smarcamenti) e la nomina di Paolo Ciani, anche in questo caso esponente di un altro partito e dichiaratamente contrario all’invio di armi all’Ucraina, come vicepresidente dem alla Camera. Il rapporto con i 5 Stelle si è evoluto, dopo l’innamoramento di Nicola Zingaretti (“Un punto fortissimo di riferimento”) si è passati ad una relazione più matura. “Ognuno ha diritto ai suoi spazi”, commenterebbe un filosofo ad un bar di Porta Portese.

Elly però fa di testa sua, decide in solitaria, così l’abbraccio con Giuseppe Conte alla disgraziata manifestazione del ‘passamontagna’ non fu concordata con nessuno, ‘anzi la sera prima in chat scrisse che non ci sarebbe andata’, confidò un componente di prima fila della direzione.

Per la prima volta il Pd ha deciso di sostenere un candidato del M5S alla presidenza di una Regione, Roberto Gravina in Molise, sindaco di Campobasso, Comune in cui i dem stanno all’opposizione.

Certo è che l’alleanza con il movimento ormai è indissolubile, nonostante le critiche sollevate da Lorenzo Guerini.
E che dire del tema giustizia? Elly è partita lancia in resta contro l’abolizione dell’abuso d’ufficio, nonostante fosse una posizione sostenuta dalla maggioranza dei suoi amministratori. Sull’assoluzione dell’allora sindaco di Lodi, manco una parola, come d’altronde sulla vicenda di Bibbiano, svolta giustizialista o delicatezze nei confronti del M5S?

Dulcis in fundo, c’è la storica posizione pro Israele che hanno sempre avuto molti esponenti della sinistra, fino ad arrivare ad Emanuele Fiano. In via di smantellamento anche quella, ora la voce ufficiale è espressa da Laura Boldrini, accusata anche recentemente di intrattenere rapporti con associazioni vicino ad Hamas. “Magari poi stavolta qualcosa cambia”, cantava Daniele Silvestri, occulto ispiratore della linea di Elly.

Phil

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