Salario minimo e non solo: il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra (63 anni, al timone dal marzo 2021 dopo una lunga carriera sindacale cominciata nella locride), al Riformista risponde a tutto campo sui temi di attualità. Segnando punti di differenza sostanziali dalle posizioni ‘main stream’ di altri sindacati e forze politiche.

Segretario Sbarra, la vostra posizione sul salario minimo è una voce fuori dal coro delle sigle sindacali principali. Perché?
«Sarebbe bello abolire sfruttamento e bassi salari con un numero fissato in Gazzetta ufficiale. Purtroppo, non è così. Si rischia anzi di peggiorare la situazione, alimentando il sommerso e schiacciando le retribuzioni medio-alte. Il salario minimo ci vuole, ma deve essere di natura contrattuale: deve scaturire, settore per settore, dai trattamenti economici dei Contratti nazionali prevalenti. Questi sono mediamente ben al di sopra dei 9 euro l’ora, ma contengono anche tante altre tutele: dalle 13me e 14me alle maggiorazioni, dalla sanità alla pensione integrativa, buoni pasto, ferie, tfr, straordinari, flessibilità, lavoro notturno, ecc. L’Europa indica la via di una paga oraria stabilita per legge solo per i Paesi in cui la contrattazione è poco diffusa: da noi è superiore al 97% dei settori».

Lo sfruttamento del lavoro però esiste: quali possono essere le misure alternative per far fronte a questa piaga?
«Il problema esiste eccome. E richiede l’estensione dei trattamenti economici fissati dai contratti maggiormente diffusi, focalizzandosi su quei comparti ancora non coperti dalle relazioni industriali per associarli al contratto “leader” più prossimo. Si può fare in breve tempo, garantendo importi maggiori di 9 euro l’ora e un riferimento preciso agli ispettori per combattere i contratti pirata. Non serve neppure la legge sulla rappresentanza: i dati necessari sono già a disposizione di Inps e Cnel».

Il Governo esalta i dati positivi dati su occupazione ed economia; ma restano negativi i numeri su donne e giovani. Cosa proponete al Governo?
«Il vento è positivo, ma a giovani e donne bisogna rispondere con i fatti. Ad esempio rafforzare e garantire la spesa sociale a loro destinata; mettere a frutto ogni singolo euro del programma Gol (“Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori”) e spingere su politiche attive e formazione come diritto-dovere universale e soggettivo. E poi aumentare welfare e i servizi all’infanzia, sgravare il lavoro di cura familiare, rendere meno costosi i contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a termine».

Abbassare le tasse sul lavoro è la madre di tutte le battaglie. Dove trovare le risorse per più di quanto realizzato finora?
«L’esigenza che abbiamo è di natura redistributiva. Dobbiamo collegare il taglio contributivo a una riforma fiscale complessiva che abbassi la pressione sulle fasce medie e popolari del lavoro e delle pensioni, azzeri la tassazione su premi di risultato e accordi di welfare, operi una forte detassazione delle tredicesime per lavoratori e pensionati, rafforzi l’azione di contrasto a evasione ed elusione fiscale. Includendo anche una tassa selettiva sugli extraprofitti, l’incremento del prelievo sulle rendite da capitale mobiliare e immobiliare».

L’inflazione è il principale nemico per gli stipendi: la BCE ha annunciato che non fermerà i rialzi di tassi per contrastarla. Cosa ne pensa?
«La BCE applica un algoritmo spietato, e non si rende conto o non è interessata al fatto che dietro a quei tassi ci sono persone e imprese che vedono aumentare i mutui e perdere potete di acquisto. Chiara l’intenzione di spegnere eventuali rincorse prezzi-salari, ma siamo lontani anni luce da quello scenario. L’eccesso di zelo è un errore grave quando si ripercuote sulla vita della gente».

Intanto la maggioranza parlamentare ha rinviato 4 mesi la discussione sul Mes, mentre il piatto della sanità piange inascoltato.
«La Cisl è “Sì Mes sanitario” al 100%. Non ci sono ragioni, alibi o scuse per dire no. Vero è che si tratta di un prestito, ma vale anche per la grandissima parte del PNRR. Il Mes sanitario conviene, tanto più con questi tassi BCE. Sarebbero 37 miliardi aggiuntivi da spendere per ammodernare il sistema sanitario, renderlo più performante per i cittadini, assumere medici, infermieri, personale ausiliario, stabilizzare il precariato storico».

La Cisl ha lanciato la campagna “Partecipazione al lavoro”: è davvero una priorità per la nostra economia?
«La Partecipazione è una grande “riforma istituzionale”. Vogliamo attuare l’articolo 46 della nostra Costituzione assicurando un più forte protagonismo dei lavoratori alle scelte, ai profitti, all’organizzazione delle imprese. Ciò permetterebbe di incrementare salari e produttività, contrastare delocalizzazioni e predazione industriale, abbassare l’orario di lavoro e aumentare l’efficienza, elevare la formazione e la sicurezza. Abbiamo già registrato tante adesioni, anche da spalti eccellenti dell’università, delle istituzioni, dell’imprenditoria. Ci auguriamo che tutti i nostri interlocutori vogliano unirsi in questo di solidarietà, resilienza, competitività».

Marco Di Maio

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