Aveva raccontato che l’omicidio gli era stato suggerito dai diavoli che sentiva nella testa. È stato condannato a sedici anni e quattro mesi il 17enne accusato dell’omicidio di Chiara Gualzetti, la 16enne uccisa a coltellate e il cui corpo sarebbe stato ritrovato ai margini di un bosco vicino all’Abbazia di Monteveglio, nel comune di Valsamoggia, provincia di Bologna, nel giugno del 2021. La sentenza del tribunale per i minorenni di Bologna solo di due mesi inferiore rispetto a quanto chiesto dal pm Simone Purgato, quasi il massimo della pena.

La sentenza è arrivata ieri. Il padre della vittima, Vincenzo Gualzetti, ha atteso dalle dieci di ieri la sentenza davanti al Tribunale dei minori di Bologna. “È chiaro comunque che Chiara non c’è più, fondamentalmente avremmo voluto di più, però, ripeto, forse può essere una sentenza esemplare. Giustizia è altro, ma possiamo dire è stata fatta giustizia”, le sue parole a caldo dopo la sentenza. Dopo il verdetto l’uomo non ha trattenuto le lacrime. “È un periodo che non sto andando più a trovare Chiara perché sto entrando nell’ottica delle cose che Chiara non è là, c’è solo il suo corpo. Sto cercando di vivere ritrovando Chiara nel cuore e non sottoterra, sto prendendo coscienza che la tomba di Chiara è solo un punto dove abbiamo sepolto il corpo, ma lei vive con noi, cerco di viverla più nel presente”.

Quella domenica Gualzetti era uscita per un appuntamento con il ragazzo, forse aveva una cotta per lui che le aveva detto di volerle consegnare un regalo. I due si sarebbero quindi recati sulla collina, a non più di 22 metri da casa. Dopo averla fatta girare il 17enne avrebbe colpito la ragazza quattro volte con un coltello. L’aggressione era continuata a calci e pugni. Agli inquirenti il ragazzo avrebbe raccontato dei demoni che lo tormentavano, in particolare di Samael, il demone della serie tv Lucifer.

I giudici non hanno creduto alla sua versione. Le perizie che hanno preceduto l’udienza hanno definito il ragazzo capace di intendere e di volere. L’omicidio efferato si sarebbe consumato dietro nessun movente reale, o quantomeno ancora sconosciuto. Scena grottesca all’uscita della madre del ragazzo: quando la donna è uscita con il volto coperto dall’aula del Tribunale minorile del Pratello è stata apostrofata dalle grida dei presenti (“brava, brava”) e da applausi di scherno. “La giustizia si fa in tribunale, anche questa signora sta soffrendo. La famiglia e il ragazzo hanno sempre espresso dispiacere. E da un anno sono sottoposti a insulti e minacce a cui non hanno mai replicato”, l’accusa di Tanja Fonzari, legale del condannato che ha annunciato appello.

La Procura di Bologna ha aperto un’inchiesta sulle foto e i video che il ragazzo reo confesso ha pubblicato nei giorni scorsi sui social. Il padre di Chiara Gualzetti lo ha riconosciuto in una foto di un ragazzo che sarebbe suo compagno di cella: le dita a comporre la “V” di vittoria. “Ma cosa hai vinto, per cosa festeggi?”, le parole dell’uomo. Le foto sarebbero state postate tramite un tablet di quelli consegnati ai giovani detenuti per mantenere i contatti con i parenti, durante le fasi più acute della pandemia da covid, e per studiare.

A indignare il padre della 16enne erano state però soprattutto le parole del compagno di carcere. “Se avete le palle entrate qua da noi in carcere. Siete bravi a giudicare ma non sapete niente. Se sei così depressa da chiedere una uno (un probabile errore di battitura, ndr) di ammazzarti c… tuoi”. Gualzetti, che anni fa aveva scelto di trasferirsi da Napoli nel bolognese per vivere in un luogo più “sicuro”, meno pericoloso, ha ribadito che la figlia non era mai stata depressa e che ha trovato quelle parole molto offensive nei confronti della figlia, uccisa brutalmente in una tragedia ancora senza spiegazioni.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.