Sulle palestre e le piscine il governo ha messo le mani avanti: se chiuderanno o meno non sarà per il rischio più o meno calcolato di contrarre il contagio in ambienti chiusi dove si pratica sport. E non sarà nemmeno in virtù di dati e valutazioni, visto che nella conferenza stampa sul nuovo dpcm non si è parlato numeri alla mano. La responsabilità, o meglio la colpa, sarà dei gestori, dei runners da tapis roulant, dei sollevatori di peso incalliti. E andrebbe pure bene se a essere puniti fossero i violatori e i fuori legge delle norme anti-covid, ma tutti quanti. A prescindere: muoia Sansone con tutti i culturisti e gli zumberi.

L’ha detto, chiaro e tondo, ieri in conferenza stampa il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: tempo una settimana. E poi si decide: o chiusi tutti o aperti tutti. Ma perché: perché non punire solo chi non rispetta le norme?

IL PREMIER – “Per quanto riguarda le palestre c’è stato un intenso dialogo anche con il Comitato Tecnico Scientifico – ha detto Conte – Abbiamo notizie varie e contrastanti: molto spesso i protocolli di sicurezza, lo dico molto francamente, sono rispettati puntualmente. Altre volte ci giungono notizie che non sono adeguatamente rispettati. Allora daremo una settimana per adeguare protocolli di sicurezza e per verificarne il rispetto: se questo avverrà, ovviamente con il coinvolgimento del competente giudizio del Cts, non ci sarà ragione di sospendere e chiudere le palestre. Altrimenti, lo preannuncio con molta chiarezza, saremo costretti a sospendere anche l’attività sportiva che si svolge nelle palestre e nelle piscine”.

Da ieri sono vietati gli sport da contatto a livello amatoriale e le gare dilettantistiche di base. Provvedimenti, questi, piuttosto comprensibili, vista la recrudescenza del virus e le difficoltà che in questi casi potrebbe incontrare il tracciamento; a differenza dello sport a livello professionistico, che resta consentito. Ma tornando alle palestre: secondo Coldiretti, che ha elaborato i dati dell’Istat, sono stati circa 18 milioni gli italiani che hanno atteso con trepidazione la ri-apertura delle palestre lo scorso maggio. Erano chiuse da oltre tre mesi, per via dell’emergenza coronavirus. Secondo un’indagine Ifo (International Fitness Observatory), in collaborazione con la società Egeria, l’Italia rappresenta l’8% in Europa nell’industria fitness: un mercato che vale oltre 2,3 miliardi di euro all’anno e che presenta ampi spazi di crescita. Oltre 200mila i posti di lavoro a rischio a causa del coronavirus. Non sarebbe stato meglio studiare più a fondo la casistica specifica, rassicurare chi ancora non torna in palestra per paura, dare condizioni – anche nuove, più nette, ma chiare – ai gestori invece che ventilare un ultimatum settimanale?

LE NORME – E invece no, o dentro o fuori. E l’ultimatum su palestre e piscine suona più come una minaccia, se non una profezia, che come una misura. Perché non punire solo chi non rispetta le norme? Sono state scandite a maggio, dopo le riaperture, alla cosiddetta fase 2, dal ministero dello Sport. In estrema sintesi: le palestre devono informare i clienti con segnaletica apposita, programmare le attività, evitare gli assembramenti e conservare l’elenco delle presenze per le due settimane successive. All’ingresso va misurata la temperatura (inferiore ai 37,5°). Va usato con frequenza il gel igienizzante.

Si deve osservare un metro di distanza quando non ci si allena e due metri mentre si svolge l’attività fisica. Negli spogliatoi va garantito il metro di distanza e vanno eventualmente usate barriere e turni per l’uso delle docce. Vanno, nel caso necessario, anche delimitate le aree per l’afflusso agli attrezzi. Gli ambienti vanno arieggiati. Si consigliavano anche soluzioni tecnologiche per tracciare l’accesso alle strutture e prenotare.

Stessi principi anche per le piscine. Va garantita la fornitura di gel igienizzante. L’affollamento in vasca, come per solarium e aree verdi, di 7 mq a persona. Il gestore deve regolare le entrate in acqua. Le sdraio e i lettini (in caso di piscine pubbliche) devono essere lontane almeno un metro e mezzo. I parametri del cloro devono essere maggiori a quelli osservati di solito e vanno controllati spesso.

Antonio Lamorte

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