Paolo Conte ha deposto il testo di Azzurro, che scrisse per Adriano Celentano, nella bara di sua madre. La madre, leggendone le parole, aveva pianto. “Mia madre diceva che questa canzone era antica e moderna insieme. L’antico era soprattutto nella musica, come una tenerezza d’altri tempi, e proprio in questo sentimento risiedeva anche la sua modernità: era una canzone trasgressiva nell’epoca beat in cui è nata. Capimmo subito che era una canzone vincente. Rimane una canzone importante per me e non l’ho mai dimenticata”, ha raccontato l’avvocato in una lunga intervista a Il Corriere della Sera.

Conte, 85 anni, di Asti, laureato in Giurisprudenza e avvocato prima di diventare un gioiello della musica italiana: tra i pochi autori osannati all’estero. Ha ricevuto tre lauree honoris causa. Si è formato come jazzista prima di passare a scrivere, tanti capolavori, per interpreti come Celentano, Caterina Caselli o Enzo Jannacci (“il nostro cantautore più grande”). La sua vita è stata raccontata nel documentario Via con me, del regista napoletano GiorgioVerdelli, che andrà in onda giovedì 17 febbraio alle 21:20 su Rai3.

“Sono stati ospitato nel novero dei ‘cantautori’ perché apparivo, nel mio modo di scrivere e di interpretare, un artista ‘alternativo’, parola molto in voga a quel tempo”, ha detto nella lunga intervista. Una nuova occasione per ricordare l’infanzia, durante la guerra, i primi concerti, la passione per il jazz e la settimana enigmistica, “non ci capisco niente di politica”, l’odio e l’innamoramento per la fisarmonica, la pittura.

Conte celebra anche Napoli: uno spezzone del documentario di Verdelli venne girato proprio nella data di inizio dicembre 2019 al Teatro San Carlo di Napoli. L’avvocato parla e canta in napoletano, applauditissimo – ha composto e scritto diverse canzoni in napoletano come Naufragio a Milano, Spassiunatamente, Ma si t’à vò Scurdà. “Napoli è la patria di capolavori musicali e poetici trascendentali”.

Protagonista di una produzione irripetibile, Conte sintetizza così: “Nelle mie canzoni non ho mai voluto far passare delle idee particolari. Quello che mi ha sempre interessato è raccontare l’uomo che nel dopoguerra si è rifatto una vita, ma anche quello dei fallimenti. Ai fallito ho offerto una tazza di caffé fumante“. L’uomo del Mocambo, protagonista di una specie di saga di brani, “è il prototipo dell’uomo del dopoguerra nella frenesia della rinascita, che aveva sogni più grandi delle sue possibilità economiche. Un simpaticissimo eroe perdente“.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.