Il caso Bossetti
Perché è stata indagata Letizia Ruggeri, la Pm dell’omicidio di Yara Gambirasio
Depistaggio. L’accusa nei confronti di Letizia Ruggeri, la Pm di Bergamo che ha portato alla condanna di Massimo Bossetti, è grave e apre uno squarcio nella verità processuale del caso Gambirasio. Per l’omicidio della piccola Yara, 13 anni, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio 2011, il procedimento giudiziario si era concluso il 12 ottobre 2018 con la condanna definitiva all’ergastolo di Massimo Giuseppe Bossetti, muratore di Mapello, il cui movente sarebbe stato un’aggressione a sfondo sessuale.
Bossetti si è sempre dichiarato innocente e sulla verifica del Dna rinvenuto sul corpo della vittima non è mai stata fatta chiarezza. La difesa di Bossetti – con gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini –ha infatti contestato l’errata conservazione dei campioni del dna prelevati e le ragioni degli avvocati saranno oggetto di un procedimento apertosi ieri a carico della Pm, Ruggeri. Si tratta nello specifico della presunta non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna che i legali chiedono da tempo di potere analizzare. Ieri la decisione assunta dal gip di Venezia Alberto Scaramuzza che ha ordinato la trasmissione degli atti al pm della procura veneta perché proceda all’iscrizione nell’apposito registro.
A fronte di una denunzia-querela e di un atto di opposizione della difesa dell’uomo condannato in via definitiva all’ergastolo, “in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri si impone – scrive il gip – la necessità di un’estensione soggettiva dell’iscrizione nei suoi confronti” in relazione al reato di frode in processo penale e depistaggio (articolo 375 del codice penale), reato punito con il carcere da 3 a 8 anni, per chi “immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato” (comma 1). Una scelta che ha come finalità quella di “permettere al Pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente, che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa”, si legge nel dispositivo con cui il giudice veneto ordina l’archiviazione per Giovanni Petillo e Laura Epis, rispettivamente presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato.
La questione su cui si è pronunciata il tribunale di Venezia – competente sui magistrati di Bergamo – riguarda le provette contenenti la traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Per Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, quel cambio di destinazione, interrompendo la catena del freddo (i campioni dovevano essere conservati a 80 gradi sottozero) potrebbe aver deteriorato il Dna rendendo vano qualsiasi eventuale tentativo di nuove analisi.
Nell’atto di quasi 70 pagine, di opposizione all’archiviazione, si mettono in fila più date a partire dal 26 novembre 2019 (dopo la pronuncia della Cassazione) quando la difesa richiese l’accesso ai campioni di Dna di cui ottenne all’indomani l’autorizzazione, senza sapere che il pm Ruggeri aveva già chiesto di spostare le provette: il 21 novembre i 54 campioni vengono tolti dal frigo e consegnati dal professore Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo, raggiungeranno il tribunale il 2 dicembre 2019, “12 giorni dopo” aver lasciato il San Raffaele.
Se per la procura di Venezia né le verifiche né i testimoni hanno fatto emergere la prova che non ci sia mai stata, da parte degli indagati Petillo ed Epis, la volontà di distruggere o danneggiare quei campioni, ora spetta al pm Ruggeri dimostrare la sua buonafede. Certamente la circostanza dello spostamento di materiali così sensibili in assenza delle dovute condizioni tecnico-sanitarie provocherebbe, se realmente avvenuta con le imperizie esposte dal denunciante, una lesione insanabile al diritto di difesa di Bossetti.
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