Il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di “istituzionalizzare” il processo mediatico-giudiziario. La vicenda finita al vaglio dell’organo di autogoverno delle toghe riguardava la docuserie di Sky “Ignoto1 – Yara, Dna di una indagine” che aveva visto come protagonista la pm di Bergamo Letizia Ruggeri. La magistrata era balzata agli onori delle cronache per aver condotto le indagini sulla morte della tredicenne di Brembate in provincia di Bergamo, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio 2011.
Il documentario in 4 puntate aveva determinato l’apertura di un procedimento disciplinare a carico della pm, con strascichi anche sulla sua successiva valutazione di professionalità. Nel pieno del dibattimento, la magistrata era stata contatta dalla BBC affinché ripercorresse davanti alle telecamere le indagini che avevano poi portato all’imputazione di Massimiliano Bossetti. Oltre a diverse interviste sui luoghi del delitto, vi erano anche ‘passaggi’ sulla sua vita privata. La messa in onda era avvenuta durante il processo d’appello, determinando più di una ‘perplessità’ da parte dei vertici degli uffici giudiziari lombardi.
Immediatamente era stato allora aperto un procedimento disciplinare per la “violazione del dovere di riservatezza”, in quanto il filmato avrebbe potuto ingenerare nello spettatore “dubbi sulla indipendenza ed imparzialità” da parte della magistrata. Il filmato, poi, poteva essere considerato un “canale privilegiato” per sostenere, sul piano mediatico “le ragioni dell’accusa”. Il disciplinare si era concluso con un nulla di fatto, in quanto la ricostruzione dell’ipotesi accusatoria era stata sottoposta al vaglio dell’autorità giudicante. Al massimo si sarebbe potuto ipotizzare una violazione deontologica in quanto il codice etico delle toghe vieta loro di partecipare a trasmissioni nella quali discutere di processi in corso.
Ed era caduta nel vuoto anche la contestazione di aver partecipato alla docuserie senza l’autorizzazione del procuratore di Bergamo.
“Non era previsto nel progetto organizzativa della Procura” e comunque, si era difesa la magistrata, non si era trattato di rapporti con la stampa dal momento che gli interlocutori “non erano dei giornalisti”. Archiviato disciplinarmente il caso, il fascicolo era stato preso in esame al fine dell’avanzamento di carriera per valutare il paramento dell’equilibrio della toga. La pm nelle scorse settimane si era giustificata sottolineando che “la partecipazione al documentario aveva avuto la finalità di riequilibrare l’aggressiva campagna di stampa, agli occhi della pubblica opinione che stava veicolando notizie false e diffamatorie”.
Tesi accolta dal Plenum di ieri che non ha evidenziato “eccessivo protagonismo o scarsa moderazione”, magnificando invece il prodotto televisivo, “realizzato da una importate emittente e affidato ad un regista di elevata professionalità, noto per occuparsi di tematiche sociali con il dichiarato obiettivo di ripercorre le genesi e il complessivo sviluppo delle indagini genetiche”. Insomma, nulla di personale ma tutto con fini “scientifici”.
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