Massimo Bossetti, condannato in via definitiva nel 2018 per l’uccisione di Yara Gambirasio, può nuovamente sperare nella revisione del processo. La Cassazione ha annullato con rinvio le ordinanze con cui la Corte d’assise di Bergamo aveva respinto come inammissibile la richiesta degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini di accedere ai reperti. Ora si torna a Bergamo e altri giudici dovranno nuovamente pronunciarsi sulla possibilità che la difesa possa consultare i campioni di Dna e gli abiti della vittima, su cui è stata decisa la condanna di Bossetti ora detenuto nel carcere milanese di Bollate.

Si tratta di una notizia molto importante perché soprattutto l’analisi del Dna potrebbe fornire quei nuovi elementi che riaprirebbero una delle pagine più controverse della giustizia italiana negli ultimi anni.

La condanna di Bossetti è infatti lontana da ogni ragionevole dubbio e in molti sono convinti che il muratore di Mapello non abbia goduto di un giusto processo. I fatti supportano questa tesi. Bossetti fu arrestato il 16 giugno del 2014 mentre il ministro dell’Interno di allora, Angelino Alfano, faceva un comunicato stampa in cui diceva che era stato catturato l’assassino di Yara, alla faccia della presunzione di innocenza. Da allora il processo mediatico, cavalcato alla grande dalla procura di Bergamo, ha avuto la meglio sul processo vero e proprio e per Bossetti non c’è stata più speranza di vedere riconosciuto il diritto alla difesa. Mentre ancora si svolgeva il processo di primo grado si mandava in onda su Sky il documentario Ignoto1, dove la voce narrante, il vero e proprio filo conduttore, era affidata alla pm Letizia Ruggeri che aveva portato avanti l’inchiesta e che ha poi accusato Bossetti di essere l’assassino.

La prova più importante su cui si è concentrata anche l’attenzione di giornali e tv è stata quella del Dna. Il punto di partenza era stato il materiale organico ritrovato sugli abiti di Yara e da qui, attraverso una mappatura estesa e costosa della popolazione vicino a Brembate di Sopra – dove la giovane tredicenne abitava ed era sparita – si era arrivati a individuare l’Ignoto 1 poi identificato dalla procura con Bossetti. Ci sono tanti ma. Uno dei più importanti riguarda la possibilità di ripetere l’esame del Dna. La difesa lo ha chiesto molte volte ma gli è stato detto che non era sufficiente per consentire una verifica del genere.

Qualora gli avvocati potessero accedere ai reperti si potrebbe verificare se effettivamente il materiale è logorato o è poco o invece più drammaticamente si ha paura di ripetere l’esame. Ma anche se il materiale fosse scarso o logoro: si può condannare un uomo all’ergastolo per una prova non ripetibile in sede dibattimentale? È solo una delle questioni aperte. Ciò che è certo, a prescindere dai nuovi elementi che potrebbero essere trovati dalla difesa, è che Bossetti andava condannato per le prove e non come è stato fatto perché lo voleva la tv.