Sapere da un tweet che l’Italia sta pensando di fornire sistemi di difesa aerea a protezione dei cieli ucraini. Un tweet da Kiev. “Ho ringraziato Giorgia Meloni per la solidarietà e il supporto all’Ucraina. Ho lodato lo stanziamento del governo italiano di ulteriori 10 milioni di euro in aiuti. Meloni mi ha informato che si sta valutando la questione della fornitura di sistemi di difesa aerea a protezione dei cieli ucraini. Abbiamo discusso del piano di pace”. Lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. La premier ha anche confermato la sua intenzione di recarsi a Kiev e ha invitato il Presidente Zelensky a Roma.

Sempre su Twitter la presidente del Consiglio riferendosi al colloquio telefonico con il presidente ucraino ha scritto: “Cordiale conversazione telefonica con Zelensky. Ho rinnovato il sostegno del Governo italiano a Kiev e ho ribadito il massimo impegno dell’Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta. Ho confermato l’intenzione di recarmi a Kiev e ho invitato Zelensky a Roma”. “Il colloquio, spiega una nota di Palazzo Chigi, ha fatto seguito alla conversazione telefonica che Meloni e Zelensky avevano avuto il 28 ottobre. Meloni ha rinnovato il pieno sostegno del Governo italiano a Kiev in ambito politico, militare, economico e umanitario, nel ripristino delle infrastrutture energetiche e nella futura ricostruzione dell’Ucraina. Meloni ha ribadito il massimo impegno dell’Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta per la Nazione ucraina”. Una spiegazione che non spiega il riferimento più importante e impegnativo fatto da Zelensky in materia di sostegno militare all’Ucraina: la fornitura di difesa aera.

“Singolare che il tipo di armi che l’Italia manderà in Ucraina lo annunci Zelensky e non Meloni – commenta Arturo Scotto, parlamentare e Coordinatore nazionale di Articolo1 -. Il Governo spieghi in Parlamento che è il luogo dove queste decisioni vanno prese. Scelte così delicate non possono essere annunciate a mezzo stampa”. Dello stesso avviso è Nicola Fratoianni, deputato e segretario nazionale di Sinistra Italiana: “È abbastanza surreale – dice a Il Riformista che in un Paese come il nostro in cui il dibattito sulla fornitura militare è dall’inizio di questo conflitto secretato, per cui a differenza di altri Paesi non è dato sapere che cosa inviamo in Ucraina, i primi dettagli sui contenuti dei nostri invii arrivino da un tweet di Zelensky e non dal Governo italiano”. “Ovunque vada e con chiunque parli, Zelensky chiede sempre la stessa cosa: più armi. Lo ha fatto anche con Biden nel suo viaggio in America ed evidentemente ci prova anche con Meloni – ci dice al telefono Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, figura storica del pacifismo italiano -. Sarebbe il caso – aggiunge – che prima di prendere impegni, soprattutto in campo militare, con Zelensky la presidente del Consiglio informi il Parlamento e apre una vera discussione sulla politica estera dell’Italia. Il riarmismo non avvicina la pace”.

Proviamo a capirne di più con chi di cose militari è uno dei massimi esperti in Italia e a livello Nato: il generale Giuseppe Cucchi. Generale della riserva dell’Esercito, già direttore del Centro militare di studi strategici, consigliere militare del presidente del Consiglio, rappresentante militare permanente dell’Italia presso Nato, Ue e Ueo, consigliere scientifico di Limes. Insomma, nel suo campo un’autorità assoluta. “Mi spiego l’uscita di Zelensky – dice il generale Cucchi a Il Riformista con il bisogno di rassicurare la sua popolazione che prima o poi arriveranno dai Paesi della Nato dei sistemi d’arma controaerei tali da poter contrastare l’offensiva russa che in questo momento è mirata a distruggere riscaldamento, acqua, luce, televisione e sistemi di comunicazione”.

Per quanto riguarda l’Italia, il generale Cucchi è netto: “L’Italia – osserva – non ha interesse a dare più armi o meno armi. Sta dando tutto quello che può dare. Non so se in questo momento siamo veramente in condizione di poter dare armamenti contraerei, a meno che non si tratti di sistemi antiaerei antiquati, visto che di questi armamenti nella loro versione più moderna siamo in gravissima carenza. Io cose moderne non le darei mai, me le terrei per me considerato peraltro il vento che tira, la possibilità che non è ancora completamente dissipata che questa guerra divenga qualcosa di più ampio. Se si tratta di dargli dei vecchi sistemi che abbiamo in arsenale perché non li abbiamo ancora radiati, cose alquanto superate, è un altro discorso. Sistemi di una generazione precedente che però possono risultare ancora efficaci soprattutto contro i droni. I droni non hanno la velocità dei missili e possono essere abbattuti con maggiore facilità. Un sistema antiaereo anche se è antiquato contro i droni è efficace, contro i missili meno”.

Un decreto interministeriale approvato nel marzo 2022, ha “coperto” tutti gli invii di rifornimenti e armi inviati finora e decisi, ogni volta, dal governo Draghi, ministro alla Difesa Lorenzo Guerini. L’autorizzazione, e il relativo dibattito parlamentare, si è tenuto una volta sola, a marzo. La formula del decreto ministeriale, infatti, offre “copertura” agli invii di armamenti, tutti “secretati”, previa obbligatoria informativa presso il Copasir, il comitato di controllo dei servizi segreti i cui membri (opposizione compresa: ieri FdI, oggi Pd, M5S, Terzo Polo) ne vengono messi a conoscenza, ma con l’obbligo del segreto, in quanto trattasi di “notizie sensibili”. Quanto a possibili spiragli di pace, l’agenzia di stampa statale russa Tass ha raccolto una dichiarazione dell’ufficio del capo delle Nazioni Unite, secondo cui il segretario generale Antonio Guterres è pronto a mediare sul conflitto in Ucraina, a condizione che tutte le parti siano d’accordo con questa proposta.

L’altro ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, in un’intervista all’Associated Press, ha affermato che il governo di Kiev punta a tenere un vertice di pace entro la fine di febbraio alle Nazioni Unite con il segretario generale Antonio Guterres come possibile mediatore, proprio nel periodo del primo anniversario dell’invasione. Ma Mosca avverte: “Non ci faremo dettare le condizioni”. E il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov evoca un conflitto nucleare e accusa il Pentagono di minacce alla vita di Putin. E la guerra ha concluso il 306esimo giorno.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.