Politica
Renzi, Calenda, Marattin: è corsa al centro. Gentiloni dà voce al dissenso riformista
Il centro non esiste, ma gli elettori di centro sì. E sono tanti. Intorno a questo paradosso una politica non votata al suicidio potrebbe costruire il futuro asse terzista per scardinare il duopolio e tornare al libero mercato del consenso. Legge elettorale permettendo.
I segnali di ritorno alla vitalità del mondo liberale e riformista ci sono tutti: in Toscana, i due partiti che nel 2018 avevano in pugno l’Italia e che formarono il governo gialloverde, M5S e Lega, hanno preso meno del 9%, sommati insieme. Casa Riformista, la lista con cui Italia Viva si sta presentando alle Regionali d’autunno, va meglio del previsto. E diventa terza forza in Toscana, dopo Pd e Fdi. Azione e Liberaldemocratici, i primi quotati 3,5% e i secondi 2%, studiano il modo di unire le forze. Forza Italia ha consolidato, quando non guadagnato, nelle Marche e in Calabria, con un programma liberale e garantista che sfidava a viso aperto il populismo giudiziario. Su un altro fronte, la Uil, sindacato laico, ha preso le distanze dalla Cgil con la kefiah e dopo dieci anni rompe l’unità sindacale. E la tendenza ad assumere toni più equilibrati, dopo l’ubriacatura delle piazze pro-Hamas, lambisce perfino i due partiti dell’asse giallo-rosso: Gentiloni guarda con scetticismo alla «scarsa credibilità» del Pd schiacciato sulla sinistra.
Nei Cinque Stelle, Chiara Appendino contesta a Giuseppe Conte una deriva esageratamente gauchiste, non rispettosa della natura del Movimento. Come in un brusco risveglio, all’indomani della firma sulla pace a Gaza, la politica si rialza. Il colpo di coda delle manifestazioni violente, lontane dai bisogni di una classe media che torna a chiedere attenzione ai temi veri, sembra rappresentare il canto del cigno del populismo. L’ultimo tentativo di un pezzo di storia del passato di tornare a imporsi, fuori tempo massimo. «L’Italia ha conosciuto per prima il populismo, con l’affermazione del 5 Stelle del 2013 e poi con le elezioni del 2018, quando Lega e M5S avevano un’ampia maggioranza in due. Adesso quel ciclo si è chiuso, i risultati delle regionali parlano chiaro. E come sempre, in politica, chiuso un ciclo se ne apre un altro, di tutt’altro segno», dice la ricercatrice Camille Chenaux, autrice del saggio “Crisi dello Stato-nazione e populismi europei” (Carocci).
«L’astensionismo alle ultime regionali – prosegue Chenaux – è di chi non trova un’offerta politica all’altezza del tempo nuovo che stiamo vivendo: tempo di riconciliazione, con molti elettori stanchi della contrapposizione tra ali estreme». A dare una prospettiva alla potenzialità del ciclo nuovo sono, per ora, risposte diverse. C’è quella della Casa Riformista, che però al momento sembra più un rebranding di Italia Viva che un soggetto nuovo. Il fiorentino Marco Mayer, già docente universitario, ha inviato una lettera aperta a Renzi per chiedergli se fa sul serio. «Alla Leopolda Renzi ha affermato: “Non vogliamo mettere il cappello su Casa Riformista”. Manterrà la promessa? In Veneto, Campania e Puglia a quanto pare Italia Viva intende fare l’asso pigliatutto», dice Mayer. L’intento di Renzi è quello di costruire un contenitore capace di assorbire l’area di consenso compresa tra Pd e Forza Italia. Su questo nonè ancora chiaro come scongiurerebbe l’entrata in rotta di collisione con Gentiloni e Ernesto Maria Ruffini, impegnati in progetti sovrapposti.
L’altra iniziativa forte, nell’area, è quella di Marattin e Calenda. «È importante dire agli italiani che c’è un’alternativa alla destra sovranista e c’è un’alternativa alla sinistra populista perché questo paese ha bisogno di un’area liberale, riformista e popolare», aveva detto Calenda, da Montecitorio. E Marattin sottolinea: «Non vogliamo fare un progetto elettorale di corto respiro, bensì un progetto politico stabile e duraturo per i prossimi anni. La casa di tutti coloro che rifiutano il populismo di destra e di sinistra e il conservatorismo». In queste stesse ore Drin-Drin, il soggetto liberista lanciato da Alberto Forchielli e Michele Boldrin, ha cambiato nome e si chiama: Ora!. Il punto esclamativo c’è, quello interrogativo anche. Dove andranno? Per adesso vantano quindicimila iscritti e sono particolarmente attivi online, con una serie di appuntamenti su YouTube. Si definiscono «di estremo centro». Sulla scorta dei dissapori interni a +Europa – che ha ormai assunto una collocazione ancillare rispetto al Pd di Schlein – sta crescendo Europa Radicale, orgogliosamente distante da destra e sinistra, mentre la galassia delle liste civiche, guidate dall’assessore romano Alessandro Onorato, guarda con interesse alla presa di distanze di Gentiloni dal Pd. Se il populismo è a fine corsa, quella dei riformisti sembra sul punto di iniziare.
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